GEORGIA SATELLITES – ‘Lightnin’ In A Bottle: The Official Live Album’ cover album‘È solo rock and roll ma mi piace’, cantavano i Rolling Stones. Quel sentimento semplicistico, ma irresistibile, è stato una tale forza trainante nei Georgia Satellites che non solo lo hanno seguito dal vivo, ma lo hanno aggiunto alla versione da concerto del loro più grande successo, “Keep Your Hands to Yourself”.

Allaccia le cinture ben strette per non deragliare, insieme ad altri 17 pezzi su questo documento legato ad un concerto che suonava chiassoso come solo loro sapevano fare al tempo: Dicembre 11, 1988. La formazione a quattro, due chitarre, basso e la batteria è tutto ciò di cui avevano bisogno per creare il loro garage rock and roll dalle sfumature sudiste, senza fronzoli o archi, per un club pieno di fedeli del roots rock. Lo spettacolo è stato registrato e trasmesso in diretta alla radio, ma a meno che tu non fossi stato presente quella notte nevosa, probabilmente non l’hai mai sentito prima. Anche più di 33 anni dopo, non ha perso nulla del suo fascino, intenso e di pura potenza sonora.

I Satellites erano in tournée per supportare il loro secondo album, “Up All Night”, pubblicato all’inizio di quell’anno. Riprendono sei delle sue tracce, ne aggiungono una manciata del loro debutto sfrenato del 1986 e arricchiscono il procedimento con una serie di cover inaspettate, ma perfettamente scelte. Non ci sono molte band, allora o adesso, che unirebbero il classico jump blues “Shake, Rattle & Roll” con “I Wanna Be Sedated” dei Ramones, ma questo riassume perfettamente i Satellites nella loro forma non ortodossa.

Dedicano il concerto a Roy Orbison, scomparso cinque giorni prima, ma non c’è molto del sottile melodrammatico di quell’icona nel grintoso caos in stile Faces che i Satelliti producono in questi oltre 80 minuti elettrizzanti.

“Whole Lotta Shakin'” di Jerry Lee Lewis è un modo perfetto per dare il via a questa festa da batticuore che include anche il frontman/cantante Dan Baird che ha sputato “White Lightnin'” di George Jones, una versione paludosa di “I Go to Pieces” di Del Shannon, e sfrecciando in sei brutti minuti di chitarra slide di “Shake Your Hips” di Slim Harpo come se questi ragazzi non avessero idea, o non li importasse, che gli Stones siano arrivati ​​​​​​lì per primi.

Ma lo fanno davvero a pezzi con il loro “Railroad Steel”, la conclusione del set che raddoppia il tempo della versione in studio, esplodendo con chitarre da duello e l’energia grezza che si verifica solo quando una formazione sta bruciando il palco.

Questo e altro è in mostra, lasciando qualsiasi ascoltatore a chiedersi perché questi scapestrati hanno deciso di chiudere dopo solo un altro disco, lasciando che questo raccogliesse ragnatele negli scantinati. La polvere è stata spazzata via in grande stile con questo documento dinamico di una notte, caratteristica che mostra che i Georgia Satellites sanno che è solo rock and roll e quanto gli piace!!!


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