Fuchs è una band che non è mai esistita. È svanita così rapidamente come è apparsa nella foto.
Nel 2005, il cantante e chitarrista di Kante, Peter Thiessen, si è recato a Weilheim per visitare Markus e Micha Acher nel loro studio, dove sono stati raggiunti, tra gli altri, da musicisti affiliati a Notwist come Cico Beck, Robert Klinger, Carl Oesterhelt e Stefan Schreiber.
Il morale era alto, ma i programmi erano pieni: dopo una settimana di sessioni improvvisate, ognuno andava per la propria strada. Le registrazioni hanno raccolto polvere fino a quando Markus Acher le ha ritrovate nel 2021 mentre puliva il proprio studio.
Dopo aver rivalutato attentamente i mix grezzi, i musicisti hanno deciso di pubblicarli, finalmente. L’album risultante include sei tracce che attingono musicalmente dal jazz, esteticamente si appoggiano alle tecniche dub e ideologicamente riprendono il krautrock: non ci sono assoli da ascoltare in questo disco, solo pochi musicisti altrettanto abili e di mentalità aperta che si ascoltano attentamente, fornendo a vicenda uno spazio in cui dispiegarsi.
“Fuchs” è un documento di ego che si dissolve in uno spirito collettivo. Thiessen e i fratelli Acher si sono incontrati negli anni ’90 e si sono legati non solo per il loro background condiviso nella musica hardcore e l’etica ‘fai-da-te’ in cui era radicata, ma anche per il loro amore per il jazz.
Thiessen ha invitato Micha Acher a unirsi alla propria band, Kante, al flügelhorn nel 2004 per un tour che ha visto il gruppo allargato suonare bis insoliti dopo la fine del concerto ufficiale. I fratelli Acher non hanno dovuto chiederglielo due volte quando lo hanno invitato per una visita a Weilheim per esplorare ulteriormente i loro reciproci interessi in uno studio.
Tra l’immersione nei libri della fotografa Leonore Mau, cucinando insieme e bevendo occasionalmente grappe alla frutta, il trio è andato in studio.
Peter considera le sessioni di registrazione risultanti una sorta di tentativo di tradurre musicalmente le loro conversazioni durante quei giorni. Hanno discusso diversi approcci al jazz, se il campionamento e le citazioni errate musicali possono sbloccare potenziali estatici e possibili parallelismi tra religioni sincretiste e musica pop.
I sei pezzi su “Fuchs” sono scioccanti proprio di questi momenti. Quando a un certo punto i musicisti sembrano disperdersi e improvvisare liberamente, poco tempo dopo si ritrovano sempre su un terreno comune, proseguendo insieme il loro cammino. Non ci sono convenzioni né accordi precedenti che li guidino, solo una volontà condivisa di esplorare insieme una vasta gamma di suoni curiosi e ritmi insoliti come una costellazione davvero unificata di strumentisti molto diversi.
Se amate una musica cangiante e che non si pone limiti questo è il disco che fa per voi, non ci sono regole predefinite, il jazz si miscela con il post-rock che si perde nella psichedelia che ti conduce in un suono da colonna sonora per toccare addirittura la musica sacra. La mente non ha un attimo per abituarsi a quello che sta ascoltando. Magnifico!!!
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