Cover album FONTAINES D.C.- “A Hero’s Death”Anticipato dal singolo che porta il suo nome e relativo videoclip diretto da Hugh Mulhern, “A Hero’s Death” è il secondo atteso album del quintetto post punk di Dublino Fontaines D.C.

Il disco segue il fortunato debutto “Dogrel”, uno dei migliori dischi del 2019 anche da queste parti. Nel clip appare l’attore che ha interpretato Littlefinger nella serie tv “Game of Thrones”, qui nei panni di un conduttore televisivo di un ‘Tonight Show’ sulla falsariga di quello di Jimmy Fallon. Nel dietro le quinte del programma, l’anchorman cadrà in un bad trip lisergico in piena regola. Entrerà in un loop in cui, ad ogni innocuo cioccolatino preso da una scatola accanto allo specchio dei trucchi, il suo stato mentale si farà via via più psicotico. Nell’ordine, incontrerà la band impegnata a scherzare sempre più ferocemente con il ventriloquo dello show, la stagista per le scale risulterà sempre più vecchia e indesiderabile e così il volto del fonico, ancor più kafkiano ad ogni passaggio.

Le immagini accompagno un pezzo che da una base classicamente Strokes declina su un solido punk rock sul quale il declamato da Grian Chatten può esprimere al meglio un caustico registro dalle parti di Mark E Smith. Il testo, che s’ispira a una battuta di uno spettacolo teatrale dello scrittore irlandese Brendan Behan, e parla di vivere la vita non in senso rock’n’roll bensì seguendo il buon senso preconfezionato che vediamo in certi spot televisivi e questo perché – beffardamente – «Life ain’t always empty / la vita non è sempre vuota». Eppure, anche ripetendo un codice di condotta etico, la realtà non è mai nel nostro pieno controllo, e lo stesso accade al significato che attribuiamo alle nostre azioni. «Bilanciando sincerità e ipocrisia, il brano lancia apparentemente un messaggio positivo – scrive Chatten in una nota – ma con la ripetizione arrivano significati differenti e inaspettati. È quello che succede ai mantra quando li testi su te stesso, ancora e ancora».

“A hero’s death” era atteso al varco da critica ed appassionati. Il quintetto irlandese mette le mani avanti fin dal titolo ‘la morte di un eroe’, quella che potrebbe essere la loro dopo la caduta sotto i colpi di aspettative causate da un esordio troppo acclamato. Si sa che il secondo disco è, per una band, il più difficoltoso da realizzare, non esiste l’effetto sorpresa, la freschezza e l’innocenza del precedente. A meno che non si cambino le carte in tavola e ci si presenti con qualcosa di diverso, che è quello che accade in questo caso. Il disco è stato composto da canzoni scritte ed arrangiate nel periodo successivo all’uscita di “Dogrel”, con il gruppo che ci ha lavorato non appena avevano la possibilità di tornare a Dublino, registrate la scorsa estate fino a settembre. Una differenza che risalta immediatamente è quella in cui la città irlandese non è più protagonista, sostituita da elementi più astratti ed onirici. Prendete poi in considerazione i pezzi iniziali dei due lavori: per quanto riguarda quest’ultimo, “I don’t belong” è una celebrazione della tristezza con un ritornello che fa da contraltare all’ambiziosa intonazione di “Big”, apertura della raccolta precedente. Sono presenti armonie vocali che rappresentano una novità, le atmosfere sono sempre intense e caotiche, ma sono meno dirette, il cantato di Grian si fa immaturo e, forse per questo motivo, maggiormente coinvolgente. La produzione di Dan Carey conferisce un tocco di flessibilità e spazialità a brani che si muovono in minore. Tra le varie composizioni spiccano “Televised mind” con l’agghiacciante motorik chitarristico, “Sunny” che paga debito alle ballate alla Lynch e caratterizzata da cori polifonici.

Bravi ragazzi, avete voluto sorprenderci per non rimanere invischiati sulle argomentazioni del secondo disco. Ci siete riusciti, avete dimostrato di essere una formazione con i controfiocchi!!!


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