I Föllakzoid nascono a Santiago del Cile nel 2008, sono in quattro e hanno propensioni musicali che spaziano dal rock classico al punk. Tuttavia, non appena iniziano a trovarsi per fare delle jam sessions spontanee, nel senso che non c’era alla base un granché di canovaccio, risulta evidente che la loro propensione naturale ha una granitica base motorik di stampo kraut che si unisce ad una buona vena improvvisativo/psichedelica.
Nel corso degli anni la formazione si è ridotta a trio, nello specifico Diego Lorca alla batteria, Domingo García-Huidobro alla chitarra e Juan Pablo Rodríguez al basso e voce.
L’album di cui parliamo qui è il loro quarto, a dispetto del titolo, ma vista la svolta stilistica rispetto ai primi tre possiamo considerarlo il primo di un nuovo ciclo, forse.
Le parti cantate non sono mai state preminenti, ma sempre presenti nei primi tre album: voci sommesse e atte a creare una dimensione di rito o preghiera, e implementate da un echo abbondante.
Non ci sono parti cantate in “I”, anche perché ora il trio è diventato un duo costituito da Diego alla batteria e Domingo alla chitarra.
L’unico momento in cui appare la voce è filtrata e pare quella di un robot che parla; l’elemento motorik è decisamente preminente, sempre identico come bpm, sempre con l’accento in levare; l’elemento psichedelico è praticamente nullo, mentre quello percussivo si è dilatato.
Gli album precedenti furono registrati dalla band in presa diretta, mentre questo è costato al produttore Atom TM un lungo lavoro di montaggio di innumerevoli tracce preregistrate di chitarra, basso, batteria, synth e voci.
Essendo venuto meno il gruppo, il duo ha evoluto verso un processo non lontano dalla scarnificazione del loro stile compositivo.
Lo si vede anche dalla scelta dei titoli delle quattro tracce, I, II, III, IV, ovviamente…durata, un’ora precisa, primo e terzo brano di diciassette minuti, secondo e quarto di tredici. Sembra musica fatta da macchine per le macchine, in realtà descrive benissimo stati mentali alienati in cui l’umano spesso si rifugia.
Album da ascoltare in solitario in compagnia di visioni apocalittiche? Album da rave? Album per guidare su un’interminabile autostrada dritta, quando ogni beat corrisponde alla linea bianca spezzata che si scorge con l’occhio sinistro?
“I” è tutto questo, e i Föllakzoid meritano di essere ascoltati a lungo.


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