Ritorna Fever Ray, affiancata da Vessel, Nídia, Olof Dreijer, Trent Reznor & Atticus Ross, Aasthma e Johannes Berglund in un terzo album solista pieno di accordature strane e swag glam-dancehall-electro.
“Radical Romantics” di Karin Dreijer, alias Fever Ray, continua la strana ‘weltanschaaung pop’ esteriore del suo predecessore attraverso 10 canzoni che si dimenano con una brillante miscela di ‘braciole scandi-pop’ e metro da club sexy, propulsivo e insolito.
A 22 anni da quando ha debuttato con The Knife nel 2000, Dreijer è uno dei pochissimi artisti attivi equidistanti dal synth-pop originale della fine degli anni ’70 e dal glam sperimentale di, diciamo Kraftwerk, YMO e John Foxx – o Roxy Music e Kate Bush – e la loro progenie hyperpop come Hyd o SOPHIE.
Non è difficile percepire come il suo lavoro da “Plunge” continui a mantenere vivo quel lignaggio bilanciando una nuova influenza dei produttori Nídia e Vessel con l’atemporalità di Trent Reznor e Atticus Ross o la misteriosa simbiosi con suo fratello, Olof di The Knife, risultando in una sorta di suono adiacente iperpop sigillato dalla propria inimitabile voce e dal suo modo di scrivere.
Al momento in cui scriviamo non siamo a conoscenza della maggior parte dei titoli di coda della produzione, ma possiamo identificare il tocco di Oni Ayhun di Olof nell’apertura pensosa di “What They Call Us”, e questo è chiaramente il clavicembalo pizzicato come un rasoio di Vessel sull’asso del club istantaneo “Carbon Dioxide”. Un’ipotesi plausibile ci dice che Nídia di Príncipe è dietro lo stridulo groove batida di “New Utensils” e forse il ‘tarraxho slunk’ di “Kandy”, e scommetteremmo che Reznor e Ross sono responsabili del lamentoso dolore di synth del mantrico, conclusione del rilascio, “Bottom of the Ocean”.
Altrove la tua ipotesi è valida quanto la nostra su chi abbia calpestato il goth glam di “Even It Out”, o il ‘’nithered tang di “North”, ma tutto diventerà chiaro a tempo debito.
Resta da dire che “Radical Romantics” è classe; un’ode affettiva all’amore queer che premia la capacità forse unica del synth-pop di esprimere l’ambiguità della fluidità di genere e la forza nella vulnerabilità, mentre si diverte a farlo!!!
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