Fever Ray, il cui vero nome è Karin Elisabeth Dreijer Andersson, è una cantante svedese che ha prestato la propria voce al duo elettropop The Knife, formato con il fratello Olof Dreijer.
La sua voce è unica in quanto riesce ad essere contemporaneamente squillante e profonda, distorta e pulita grazie all’utilizzo di effetti di ogni genere.
Sul palco, poi, ha grandi capacità teatrali grazie alla capacità di indossare maschere ed altri oggetti.
Nel corso degli anni ha offerto i propri servigi ad altri musicisti quali Royksopp, Deus e perfino Tricky.
Alcuni suoi brani sono stati usati anche per colonne sonore di serie televisive e film come “Vikings”, “Breaking bad” e “Bones” per quanto attiene alle prime e “Les amours imaginaires” in relazione ai secondi.
Quando il gruppo The Knife si prese un momento di pausa, la nostra pubblicò, sotto il moniker di Fever Ray, il suo primo album solista nel gennaio del 2009 dal titolo omonimo.
Il nuovo lavoro, che sarà disponibile in versione fisica a partire dal prossimo febbraio, si intitola “Plunge” e lascerà esterefatto chi si innamorò del precedente.
Karen ha, infatti, abbandonato le caratteristiche dark e synthwave per gettarsi a capofitto in quel pop elettronico dai suoni spigolosi, ma anche immergendosi nei suoni da dancefloor più illuminato e visionario.
Per entrare pienamente nella nuova fatica di Fever Ray è necessario, quasi obbligatorio, leggere i testi. Le liriche sono tutte in prima persona, di un essere umano che si mette a nudo senza alcuna remora o paura, fornisce informazioni di se che lasciano interdetti sia nei momenti in cui esagera sia quando minimizza.
La musica si muove di conseguenza attraverso un pop retrò anni ’80. La title track richiama certe fascinazioni orientali alla Sakamoto, ma accelerando il tutto e senza utilizzare la voce.
Il singolo apripista “To the moon and back” ha un refrain di facile presa con il suo andamento electro.
La ballad “Red trail” è un qualcosa di intenso ed emozionante con archi mediorientali ed un’atmosfera oscura ed oppressiva.
La situazione si normalizza verso un versante più elettronico con il brano successivo “An itch” che possiede una ritmica sincopata e robotica.
Il disco è uscito senza preavviso, ma è stato accolto con grande enfasi in rete e devo dire meritata.

Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *