È buffo pensare che una delle collaborazioni più riuscite degli ultimi anni, originariamente doveva terminare dopo cinque concerti che il trio ha suonato insieme. Invece, quello che abbiamo ottenuto è stato un album completo della cantautrice islandese Emiliana Torrini e del duo polistrumentista, The Colorist Orchestra, che è stato pubblicato nel 2018 e ha dato ad alcune delle canzoni più famose di Torrini una nuova identità. Ma Aarich Jespers e Kobe Proesmans, che compongono The Colorist Orchestra, e Emiliana sentivano ancora di avere un’altra storia da raccontare, quindi sono tornati con il loro ultimo progetto, “Racing the Storm”.
La collaborazione del trio ha permesso alla loro creatività collettiva di prosperare e i loro interessi simili hanno contribuito a creare una visione più singolare per l’album. Queste ispirazioni condivise possono essere percepite in tutto il disco, così come il tira e molla dei vari background degli artisti che si fondono in ogni traccia. È il culmine di tre diverse vite musicali che si uniscono in un lavoro coeso.
Lo vediamo subito con l’apertura, “Mikos”, dove il ritmo centrale di Jespers e Proesmans arranca come i passi di un personaggio dei cartoni animati, mentre una serie di strati di sottofondo si fanno strada attraverso la canzone. In primo piano, la voce morbida, ma sicura, di Torrini non si sentirebbe fuori posto in un bar fumoso degli anni ’50, in cui traspare anche la propria formazione classica.
“You Left Me in Bloom” e il preferito, “Hilton”, introducono entrambi gli elementi più elettronici di The Colorist Orchestra, mentre la loro batteria assume effettivamente un suono più tribale. “Hilton”, in particolare, sembra una fusione di quasi tutti i generi che puoi nominare: la voce di una canzone pop, il basso di una moderna traccia hip-hop, gli strati di sottofondo di un paesaggio sonoro ambient. L’ampiezza musicale del trio è evidente, e non c’è esempio migliore di questa traccia.
“Dove” e “Wedding Song” abbassano un po’ il tempo, ponendo maggiore enfasi sulla voce delicata e contagiosa di Emiliana e lasciando trasparire il suo caratteristico stile cantautorale. Dopo questi brani più rilassanti c’è la canzone più pop del rilascio, “Right Here”. Gli archi e le marimbe dei ‘Coloristi’ si intrecciano per creare una melodia calda ed edificante, mentre la voce morbida ti guida attraverso.
“Smoke Trails” è un cambio di ritmo lunatico e atmosferico che non sarebbe fuori luogo nel “Mezzanine” dei Massive Attack. I suoi bassi profondi e gli archi malinconici dipingono l’immagine di una città fumosa che si anima dopo il tramonto, simile a quella vista sulla copertina dell’LP.
Questo tono più cupo è amplificato quasi ai livelli della colonna sonora di un film horror con la traccia strumentale opportunamente intitolata “A Scene from A Movie”. Con poco meno di due minuti e mezzo, questo è il pezzo più breve della raccolta, ma probabilmente racchiude il pugno più grande, poiché gli archi dei The Colorists riescono a sembrare, in parti uguali, inquietanti e dispiaciuti.
La voce dell’islandese ritorna in “The Illusion Curse”, così come la ballabilità, mentre il ritmo della batteria in marcia e gli archi profondi si fondono per creare un’atmosfera stranamente bellica. Dopo questo, la title track vede gli archi prominenti del duo e i scintillanti strati strumentali mescolarsi perfettamente con le note vocali allungate e piene di sentimento della nostra. Come suggerisce il titolo, la chiusura, “Lonesome Fears”, è un po’ più inquietante e malinconica, con versi come ‘siamo destinati alla guerra’ su strati minacciosi che catturano l’atmosfera più oscura.
In definitiva, “Racing the Storm” rappresenta la collaborazione nella sua forma più ricca. I vari background musicali dei tre artisti si fondono tutti insieme per creare 11 canzoni lussureggianti e vibranti, ognuna piena fino all’orlo di strati di strumenti impilati uno sopra l’altro pur riuscendo a mantenere un suono coeso. Il trio incorpora elementi di tutto, dal pop, all’hip-hop, all’elettronica, alla classica, e se c’è mai stato un esempio che il genere è morto nella musica moderna (e che può dare risultati eccezionali), è proprio questo!!!
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