ELIZABETH COOK: “Aftermath” cover albumNon stiamo certo parlando di una novellina appena capitata sulla scena musicale, ma di una musicista, nata in Florida, che, nel 2020, ha raggiunto i vent’anni di carriera, ben due decadi nelle quali si è fatta un discreto seguito di fan ed è stata capace di suonare oltre 400 volte alla mitica Grand Ole Opry di Nashville. Nel corso del nuovo secolo ha dato alle stampe sei album, tutti toccati da discrete vendite, nonostante Elizabeth non abbia mai concesso troppo alla facile fruibilità, giusto un tocco radiofonico senza scadere nel pop commerciale e becero.

I seguaci della musica country sono notoriamente spietati nei confronti degli artisti che escono dalla scatola stretta e pre-approvata in cui sono stati collocati. Elizabeth Cook, che ha sempre affrontato il mondo con un atteggiamento ‘I don’t give a f @ ck’, si estende ben oltre le sue radici con sede a Nashville nel suo nuovo album, “Aftermath”. È una grande affermazione, sia professionale che personale, di assoluta indipendenza. Il disco che supera le basi country per abbracciare un pop-rock di stampo californiano con la produzione che viene affidata nelle mani esperte di Butch Walker e sonorità di forte elettricità.

L’album inizia con un ululato di apertura, “Bones”. La canzone è un tributo ai defunti genitori di Cook – ‘Indosso le tue ossa intorno al collo’ è un riferimento alle loro ceneri che porta con sé – ma anche una garanzia che continuerà a combattere con loro sempre. La musica è rumorosa, sfacciata e pulsante: la produzione si muove ai confini con un grande suono ed effetti vocali, e questo, insieme alla consegna incisiva di Elizabeth, aiuta a creare una delle tracce iniziali più belle che ho sentito quest’anno. “Perfect Girls of Pop”, il primo singolo di “Aftermath”, trova la Cook in empatia con le giovani cantanti che non sono state disarmate, a cui risparmia il processo di produzione a queste fugaci stelline. Come molte delle canzoni del disco, “Perfect Girls” bilancia i bordi grezzi con una lucentezza pop e svolazzi sonori (voci ‘modificate’, battiti di mani, ecc.). Butch Walker ha l’abilità di vedere tutto il talento di un artista e di dare loro gli strumenti per far salire il loro suono di parecchie tacche (ad esempio il debutto da solista di Suzanne Santos, “Ruby Red” del 2017, in cui la voce già straordinaria della frontwoman di HoneyHoney farà esplodere le copertine dagli altoparlanti). La produzione, inclusi archi e cori vertiginosi, aggiunge un’emozione extra a “Daddy, I Got Love For You”, l’addio di Cook a suo padre, ma il colpo di scena sta in versi come ‘E hai tempo che non vale la pena uccidere’.

Chiunque abbia familiarità con Cook dal suo lavoro su Sirius XM sull’ Outlaw Country’ (il suo “Apron Strings” risulta essere tra le migliori quattro ore di radio nel paese) sa che oltre l’apparenza c’è un artista con un profondo apprezzamento per i grandi cantautori. In questo lavoro, l’affetto si manifesta proprio alla fine, quando la nostra recita una canzone parallela a “Jesus, The Missing Years” di John Prine. Come per la melodia di Prine, “Mary, The Submissing Years” interpreta la storia della Bibbia con una versione moderna, strimpellando una chitarra acustica e onorando il grande John alternando il parlato al canto. Scritto prima che il signor Prine ci venisse tolto, finisce per essere il tributo di cui sapevamo di aver bisogno (e di cui avremmo fatto volentieri a meno), per un disco che inizia con una tale esplosione, è questo dolce, triste finale che rimarrà nei nostri cuori.

Cook ha scritto tutte le canzoni del disco. I musicisti dell’album includono Walker (chitarra acustica ed elettrica, tasti, percussioni, drum machine, mandolino elettrico, voci di sottofondo), Herschel Van Dyke (batteria, percussioni), Steve Duerst (basso, percussioni, voci di sottofondo), Andrew Leahey (elettrico chitarra, voce di sottofondo), Whit Wright (chitarra in acciaio, Dobro), Aaron Embry (tasti) e Patrick Warren (archi).

Non è un grande album, ma un LP che si ascolta con estremo piacere grazia alla capacità di Elizabeth di saper scrivere canzoni e di essere dotata di una voce personale e grintosa!!!


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