Seguito di “Marble Skies” (2018), “Glowing in the Dark” è il quarto album in studio dei Django Django uscito il 12 febbraio via Because Music. Secondo la nota stampa, il disco rappresenta «un glorioso passo in avanti» per la band londinese, «ricco di freschezza e fiducia», che «si basa sulla tematica della fuga: dalla disperazione, dalle costrizioni, dalla vita nelle piccole città e anche, nei sogni, dalla terra».
Ad anticiparlo, sono stati pubblicati i singoli “Spirals” e la title-track: la prima riflette sul fatto che «i legami che abbiamo come esseri umani sono più forti delle differenze», mentre la seconda, della quale è stato pubblicato anche un videoclip dell’artista newyorkese Braulio Amado, è stata costruita sui sample di uno degli album di spoken word di Dave Maclean. All’interno del disco c’è anche Charlotte Gainsbourg come ospite per il brano “Waking Up”, definito dalla press come «un mini road movie con i suoi richiami a T-Rex e “Bonnie and Clyde” di Serge Gainsbourg».
È strano che non ci sia ancora un nome per l’ondata di band britanniche indipendenti di questo genere degli anni 2000. Non abbastanza maniacale per essere nu rave, troppo interessante per la rivoluzione del nu rock con chitarra retrò / tsunami indie da discarica, artisti del calibro di Hot Chip, Metronomy, Friendly Fires, Simian e le bestie selvagge super-louche tra loro hanno mappato una nuova area del pop psichedelico. E in questo nel 2009 è arrivata la band scozzese / nordirlandese / inglese Django Django, che si inserisce perfettamente in questo movimento senza nome con le loro melodie accattivanti e la capacità di piegare tutto, dal psiche-folk all’acid house al rockabilly nei loro suoni.
Potresti sentire Morricone, The Cure, Bo Diddley, Neu!, Bert Jansch e qualsiasi altra ‘influenza da collezionista di dischi’, ma questi sono tutti usati come sapori, bilanciati con vera finezza – e tutti recitano al servizio di quelle canzoni. Perché Django Django, come Hot Chip, come Metronomy, sono una band pop. Uno psichedelico, intelligente, adatto ai festival, ma comunque un gruppo pop, ed è questo che li contraddistingue all’inizio e questo che continuerà a dar loro longevità. Soprattutto quando potremo tornare ai festival.
“Spirals”, in apertura, ci accoglie con un loop indie-rock tra synth e batteria, tra riff e melodia per un vortice che sembra non avere fine se non premendo ‘stop’ al lettore. Non cambia l’atmosfera con “Right the Wrongs”, sembra di essere, finalmente, usciti da tutte le costrizioni che hanno dettato le regole della nostra esistenza in quest’ultimo anno. Fanno dell’ecclettismo improvvisativo la loro cifra stilistica. Ascoltate “Waking up” con Charlotte Gainsburg, ha un suono che riporta alla fine dei sessanta, ma con un approccio molto più sostenuto o moderno. “The Ark” è un downtempo cosmico, un viaggio tra le stelle. “Night of the Buffalo è indie con l’uso del violino. La title track è contagiosa e si candida ad essere uno dei loro pezzi migliori.
Ogni loro disco cerca nuove soluzioni e se i risultati saranno così sono da apprezzare incondizionatamente!!!
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