Ho una certa ritrosia a parlare e scrivere dei mostri sacri perché, non avendo peli sulla lingua, sono spesso portato a rilasciare giudizi che vanno a ledere le convinzioni degli ascoltatori.
Questa volta non posso farne a meno, sia per l’uscita di un nuovo album (il quarto in cinque anni), sia perché David Crosby è un personaggio unico nel panorama musicale capace di scrivere un’opera monumentale quale “If I Could Only Remember My Name”.
Quando si pensa alla figura di un singer songwriter spesso si fa riferimento a quel disco uscito nel lontano 1970 soprattutto se vogliamo inquadrare il peso delle armonie vocali all’interno della composizione.
Sono canzoni che ci riportano a quello spirito libertario, all’idea che la musica potesse cambiare il mondo e sembrano spesso senza forma perché a struttura aperta capaci di trasformarsi durante le esibizioni dal vivo. Sicuramente sono brani mai scontati e banali come ad esempio “Laughing” con le voci di Nash e Joni Mitchell e la sei corde di Jerry Garcia. Altro pezzo esplicativo può essere “Music is love”, la quale fu quasi imposta da Stills e Young al nostro (la suonarono in session e la terminarono a sua insaputa), che si muove tra country e psichedelia.
Seguirono anni bui tra droga, alcol, uso improprio di armi, carcere che non permisero il decollo dell’attività solista.
Nonostante tutto David è sempre riuscito a inserire un brano in cui affiorava la creatività oppure quella sua voce così personale ed acuta.
Oggi Crosby sembra rinato e sta facendo uscire un numero di album come mai in passato. Il merito è dovuto, in parte, all’incontro con Michael League il leader degli Snarky Puppy, compositore di vaglia e fine musicista che lo ha motivato e gli ha fatto venire voglia di comporre canzoni. League ha pure messo in contatto Crosby con Michelle Willis e Becca Stephen. Questa combinazione di artisti sembra funzionare a meraviglia, non è mai stato facile per il baffuto cantante relazionarsi con tanti altri musicisti e la cosa risulta sorprendente.
Il nuovo lavoro è stato registrato negli studi di Brooklyn di proprietà di League ed è stato terminato in solo otto giorni, a conferma della giusta chimica creatasi e della capacità di divertimento nello stare insieme.
“Here If You Listen” esce un po’ a sorpresa visto che il precedente “Sky Trails” fu pubblicato solamente un anno fa.
Si avverte subito la coralità del disco, infatti le canzoni sono scritte tra tutti i membri che si dividono anche le parti vocali e danno vita ad una nuova opera che trasuda di tutte le qualità sonore che hanno reso famoso David Crosby.
Ci sono gioia, entusiasmo e passione per cui non è difficile partorire un disco di qualità in grado di rendere gli ascoltatori più sereni e in pace con il mondo.
Le sonorità sono semplici, ma ricche di vita, la ritmica è leggera ed aerea, gli intrecci vocali lasciano a bocca aperta. Pur con le dovute distinzioni temporali, di costume e sociali “Here If You Listen” è l’album che più si avvicina all’esordio per lo spirito che lo permea, per la naturalezza e l’universalità del messaggio.
“Glory” introduce il disco ed è una ballata molto morbida che inizia acustica e vede le voci intersecarsi al canto il cui messaggio è quello della ricerca dell’armonia senza timore di chiedere aiuto ad altre persone.
“Vagrants of Venice” porta ad un livello superiore, armonie incantate, ritmo in crescendo delle chitarre per spiegarci come l’equilibrio sia importante per il benessere.
“1974” ha vocalizzi jazzati e riflette sul passato, mentre “Your own ride” è pianistica e spirituale, un refrain affascinante ci vuole introdurre alla pace interiore.
“Buddah on a hill” tesse armonie di straordinaria complessità e il tema della pace è sempre in primo piano.
È presente una rilettura di “Woodstock” vestita di panni acustici e di intriganti impasti corali che hanno il potere di farcela ammirare di nuovo.
Lasciamoci avvolgere dalla creatività che sta assistendo il nostro amato Crosby, artisti di tale capacità sarà difficile trovarne.


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