‘In the morning I’m slow’ – apre così il terzo album solista di Courtney Barnett, con il singolo principale “Rae Street” che si adatta senza sforzo al cambio di ritmo che colora le riflessioni della cantautrice australiana attraverso il disco, senza mai inscatolare. Frasi, proverbi aggrovigliati fino a dare una nuova forma di senso, e immagini profondamente meditate si sono precipitate su semplici accordi di chitarra come se non ci avessero pensato affatto: lo stile caratteristico di Barnett si fonde dolcemente con i momenti più bui, felice di soffermarsi lì, ma lascia sempre entrare la luce del sole per dare una nuova prospettiva quando arriva il giorno successivo.
Fedele al suo nome, “Things Take Time, Take Time” si dipana con la paziente deliberazione che solo un amico fidato dovrebbe sopportare, ma una volta che ti sei ambientato nel suo flusso narcotico, le ricompense sono abbondanti. Courtney inizia guardando fuori dalla sua finestra a Melbourne, in Australia, pedalando attraverso una serie di osservazioni ironiche; la sua natura rimossa può essere inizialmente allarmante, ma i suoi ganci memorabili e la sua apparente serietà sono sufficienti per attirarti finché non inizia ad aprirsi di più.
Per un cantautore il cui magistrale debutto, “Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit”, le è valso la reputazione di trasformare le minuzie della vita quotidiana in una fonte di profondità, qui il suo obiettivo sembra essere semplicemente quello di prestare attenzione, magari chiedendoti, semmai, di fare lo stesso. A volte le sue intuizioni sono interessanti, a volte meno, e va bene così. ‘Mettimi su un piedistallo e ti deluderò solo’, ha cantato all’esordio; ancor più del suo disco precedente, questo è la prova che a volte, devi solo crederle sulla parola.
In “Sunfair Sundown”, gli ascoltatori ottengono istantanee di momenti cospirativamente intimi, il tipo in cui nessuno sta facendo nulla di sbagliato tranne che per mettersi al primo posto. Musicalmente, l’australiana e la sua band evocano le linee di basso persistenti e le melodie calmanti di “The Velvet Underground e Nico”, più potentemente sul pensoso “Here’s The Thing” (dove scale pulite e un delicato rullante fanno della narrazione di Barnett il fulcro), e negli spostamenti tra metafora e realtà che contraddistinguono “Before You Gotta Go”.
“Things Take Time, Take Time” non è affatto monotono – “Turning Green” sposta sia l’energia che la tavolozza del disco, offrendo quello che sembra solo l’assolo di chitarra improvvisato che gli ascoltatori stavano aspettando sulla batteria che aumenta il ritmo senza un accenno di fretta, mentre “Write a List of Things to Look Forward To” fornisce non solo ottimi consigli, ma un lick di chitarra blues così orecchiabile che vira più vicino a una canzone pop.
Fino a quando la nostra non avrà la serie di tour artistici che merita per dare vita a queste canzoni sul palco, i fan saranno più che contenti di mettersi al passo con questo nuovo capitolo della sua musicalità e poesia!!!
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