È sempre interessante scoprire come nascano le collaborazioni senza andare a pescare nell’ambito del pettegolezzo. Lui è Kurt Vile, americano figura di culto dell’indie rock con diversi album alle spalle ed una militanza nei War On Drugs, lei è Courtney Barnett, australiana, autrice di un’opera prima ‘Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit’ tra le più apprezzate da critica e pubblico degli ultimi anni. Il loro incontro è casuale, Kurt aggiunge una data in Australia e Courtney viene invitata ad aprire la serata. Provano attrazione l’uno per l’altra, musicalmente parlando, continuano a lavorare ad alcuni brani nelle pause tra un tour e l’altro; quest’anno decidono di organizzare un tour assieme e di pubblicare un album ‘Lotta Sea Lice’. La domanda sorge spontanea: ma cosa ci guadagnano da questa collaborazione? È un’esigenza creativa o puro e semplice marketing? Credo di poter affermare con sicurezza che in questo caso sia più un legame artistico, prova ne sia anche l’utilizzo di musicisti quali Mick Turner e Jim White dei Dirty Three, rispettivamente chitarra e batteria, l’ex Bad Seed Mick Harvey e Stella Mozgawa delle Warpaint. Il disco è quindi un prodotto commerciale come tutti, ma è anche un bel lavoro, non un capolavoro bensì un album che scorre leggero e piacevole per tutta la sua durata. Le caratteristiche principali sono il suono di chitarra di Vile, che è diventato immediatamente riconoscibile e le crude composizioni della Burnett. Ognuno dei due fa il proprio lavoro senza avventurarsi in ambiti estranei e il tutto funziona. ‘Over Everything’ è una tipica canzone laid –back dalle connotazioni lisergiche con le chitarre e le voci che s’intersecano perfettamente. ‘Fear Is Like a Forest’ è epicità elettrica alla Neil Young, ‘Continental Breakfast’ e ‘Blue Cheese’ sono classico indie pop acustico. I due si alternano nelle parti vocali raggiungendo livelli di esecuzione che mettono in risalto la giusta chimica e classe. Si scambiano anche un paio di pezzi, Kurt rende ancora più oscura l’ammaliante ‘Outta The Woodwork’ dall’ep d’esordio della Barnett, mentre Courtney fa evaporare la psichedelia che era insita in ‘Peepin’ Tom’ per riconsegnarcela come una serenata folk. Il disco non offre spunti inaspettati, ma si muove lungo una direttrice ben definita riuscendo a raggiungere un’armonia nel rispetto reciproco. Quarantacinque minuti che passano piacevolmente e che chiedono di essere ascoltati di nuovo.
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