Nessuno avrebbe scommesso una lira sul fatto che i Converge sarebbero durati così a lungo e soprattutto che avrebbero dato alle stampe un così nutrito numero di dischi importanti e riusciti quali “Jane Doe”, “You fail me”, “No Heroes”, “Axe to fall” e un paio di capolavori come “All we love we leave behind” e, oggi, a distanza di un lustro dal precedente, “The dusk in us”.
I Converge si formarono nel 1990 a Salem, Massachusetts, che gli amanti dell’occulto conoscono come la città delle streghe, come una band che eseguiva cover hardcore punk e metal!!!
Iniziarono ad esibirsi sul palco l’anno successivo. Le loro influenze si possono individuare nel hardcore dei Black Flag e dei Negative Approach per spaziare fino al metal estremo degli Slayer e degli Entombed.
Chi li conosce bene sa quanto siano importanti i testi, molto pregnanti ed incentrati sulle emozioni.
Lo stile di canto di Jacob Bannon è l’urlato anche se non si tratta dell’unico modo espressivo del cantante.
Le chitarre sono al centro del progetto con linee molto complesse, mentre a livello percussivo non si può fare a meno di notare la velocità della batteria.
Il nuovo lavoro è, forse, meno aggressivo dei suoi predecessori, ma non perde un grammo di profondità, esistenzialismo e potenza.
La produzione, affidata a Kurt Ballou, è di gran classe perché riesce ad estrarre pulizia e definizione in una musica che è distorta e ricca di feedback. Il chitarrista si dimostra, ancora una volta, uno dei migliori cesellatori di musica estrema sulla piazza!!!
Il brano iniziale “A single tear” mette in mostra un certo intimismo, ma già con il successivo “Eye of the quarrel” e con il terzo pezzo “Under duress” si ritorna a quelle sonorità spigolose, violente e ricche di distorsioni che rappresentano il marchio di fabbrica della band.
“I can’t tell you about pain” è il capolavoro dell’ album con quel suono letale ed oppressivo quasi annichilente che spinge i Converge verso una nuova dimensione.
La title track, nella sua durata di oltre sette minuti, ci ricorda “You fail me”.
Particolare la ballad “Thousands of miles between us” che ha un legame con un blues primordiale, ma di impronta heavy.
Se vi piacciono i suoni duri, le atmosfere malate, ma che sanno dimostrare anche passione, questo disco è il perfetto veicolo che vi condurrà dove volete.

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