Fin dal primo giorno, Ronny Moorings ha trasferito l’atmosfera dell’epoca nella sua musica. Lo ha fatto 35 anni fa, quando ha infiammato i cuori del movimento goth in rivolta con il suo leggendario debutto “Clan of Xymox”. E lo ha fatto nel 2017 quando ha pubblicato “Days of Black”, il suo requiem personale ad un mondo morente.
Il 2020 vede il ritorno di Moorings con l’ennesimo manifesto della malinconia. E anche se questo anno catastrofico non servirà a niente, almeno ci ha dato questo interessante lavoro. “Spider on the Wall”, questo è già certo, è la più importante uscita dark dell’anno. È la prova definitiva che questa musica, per quanto fedele alle sue origini, è ancora meglio di qualsiasi altra cosa nel canalizzare lo zeitgeist.
Questo avviene in una fase in cui Ronnie non ha certamente più nulla da dimostrare. L’icona gotica olandese è una delle ultime della sua specie, uno che non solo suona questo genere musicale, ma lo respira. Come progetto goth più influente dell’Europa continentale, Clan Of Xymox è secondo solo ai padri pellegrini Bauhaus o The Cure ‐ tenendo presente la preziosa e insolita differenza che Moorings è creativo come non lo è mai stato, e trasmette le sue morbose ballate con lo stesso zelo, la stessa agonia. Non siamo più nella Guerra Fredda, non siamo più negli anni Ottanta. La portata epica della sua musica, però, rimane la stessa.
Come per i precedenti dischi, il nuovo “Spider On The Wall”, pubblicato a fine luglio, è arrivato senza troppe fanfare ad annunciarlo. A differenza degli ultimi due, “Days Of Black” e “Matters Of Mind, Body And Soul”, l’album si rivela meno discontinuo, più coinvolgente lungo i suoi 44 minuti e con un numero maggiore di “hit”, concentrate soprattutto all’inizio. A livello sonoro, si avverte un uso più spiccato dei sintetizzatori, che possono anche prendere le redini della composizione pennellando i motivi portanti, e un approccio un po’ più diretto ed incalzante. Lo stato di forma viene ribadito già con l’iniziale “She”, con arpeggi che ricordano melodie alla Cure trasfigurate tramite ritmiche e tastiere synth-pop brucianti che avrebbero brillato ai tempi dei New Order; il tutto con un arrangiamento magnetico che rimanda al classico “Medusa” degli stessi Xymox. Si tratta di uno dei pezzi più coinvolgenti di tutto l’album e non c’è da stupirsi che sia stato scelto come primo singolo e come brano d’apertura. “Lovers” è il secondo singolo estratto, nonché il secondo pezzo in scaletta. È un brano molto suggestivo e commovente, una sorta di tributo alla darkwave degli eighties, reso prezioso da un intreccio tastieristico che da sostegno al cantato del nostro che assomiglia molto ad una malinconica litania. L’oscurità è rimarcata anche da “Into The Unknown”, liturgia sepolcrale post-punk che teletrasporta direttamente all’epoca dei primissimi lavori del gruppo. Altrettanto notevole è “When We Were Young”, crea un senso di soffocamento con il suo stile industriale, con i synth che si prendono la scena. Il resto del programma si mantiene su discreti livelli.
Purtroppo rilevo una minore incisività nella voce di Ronnie, non è più cosi profonda come un tempo, ma il songwriting è scorrevole e melodico, molto più incisivo delle opere precedenti.
L’album piacerà ai fans, mentre per gli occasionali rimandiamo ai dischi degli ’80, se già non li possiedono!!!
No responses yet