Registrato nel luglio e nell’agosto del 1957 nel Victor’s Studio A della RCA di New York City, da Bob Simpson. Prodotto da Bob Rolontz. Quando venne pubblicato nel 1962, “Tijuana Moods” ricevette da Downbeat, la più famosa rivista di jazz americana, le prestigiose 5 stelle, il numero massimo attribuibile ad un disco.
E le registrazioni avevano già cinque anni! Esiste forse una prova migliore del fatto che il compositore ed arrangiatore Charles Mingus fosse in anticipo sui tempi? Come contrabbassista invece Mingus era meno virtuoso di molti altri suoi colleghi, tuttavia i cinque brani di “Tijuana Moods” si meritano ogni singola stella che è stata loro assegnata.
I cinque originali firmati da Mingus dimostrano la magistrale conoscenza che il maestro aveva della musica folk messicana e la sua straordinaria capacità di integrare queste melodie popolari nel jazz. Senza questo lavoro qualsiasi collezione di dischi sarebbe incompleta.
Charles Mingus nasce in Arizona, in una città che si chiama Nogales. Ne esisteva un’altra al di la del confine, in Messico, a pochi chilometri di distanza. Un’anima così particolare come quella di Charles, oserei dire divisa in due, forse tre, parti non poteva non essere attratto dalla cultura latinoamericana e l’amico trombettista Fats Navarro lo stimola ulteriormente a entrare in contatto con la ricchezza di quel mondo sonoro.
Il suo capolavoro messicano arriva nel 1957, pensato come un viaggio sonoro in quella zona di confine e pubblicato colpevolmente solo qualche anno più tardi (tra l’altro con il nome “Charlie” Mingus in copertina, cosa che il nostro odia con tutte le sue forze). Il viaggio parte con un bell’omaggio swingante a Dizzy Gillespie, ”Dizzy Moods”, ma presto le atmosfere messicane avvolgono completamente musicisti e ascoltatori, a partire dalle nacchere di Ysabel Morel che aprono le danze tra i tavoli di un locale.
Vivido e colorato, ma anche sfumato da tinte nostalgiche, è il quadro di Tijuana “Gift Shop”, prima di incontrare “Los Mariachis” e tornarsene negli States sulle note di uno standard come “Flamingo”.
Mingus cercherà nell’amato Messico, magico e simbolo di libertà, un’ultima speranza, trasferendosi a Cuernavaca per gli ultimi giorni della sua vita, che si ferma il 5 gennaio del 1979, a nemmeno 57 anni.
Un disco che dispensa un confronto dialettico tra culture, da non farselo mancare per nessuna ragione al mondo!!!


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