Lloyd è un sassofonista e compositore di Memphis (Tennessee). I suoi strumenti principali sono il sax tenore ed il flauto, ma ha utilizzato nelle sue incisioni anche contralto ed altri strumenti ad ancia. Il luogo di nascita così ricco di fermenti musicali lo stimolò moltissimo fin dall’adolescenza. Il suo primo strumento fu il sassofono e prese lezioni dal grande pianista Phineas Newborn. Iniziò la sua carriera artistica suonando con grandi bluesmen quali B.B. King, Howlin’ Wolf e Bobby “Blue” Bland. A metà anni ’50 si trasferì a Los Angeles per terminare gli studi musicali presso la University of Southern California. Durante il periodo dei suoi studi fu attivo in due orchestre, la big band di Gerald Wilson e successivamente la formazione di Chico Hamilton. Quest’ultima orchestra era nota al pubblico per suonare un jazz cameristico tipicamente westcoastiano. La presenza del nostro come arrangiatore, compositore e strumentista portò il suono verso una dimensione post boppistica. Quando abbandonò la Chico Hamilton Orchestra nel 1964 andò a suonare con Cannonball Adderley e contemporaneamente incise due album come leader per la Columbia a cui parteciparono giovani leoni quali Herbie Hancock, Ron Carter e Tony Williams. La fortuna di Lloyd fu quella di affermarsi in un momento in cui il jazz si stava mescolando con altri generi musicali e la sua più importante abilità fu la capacità di scegliersi eccellenti collaboratori. Nel biennio ’66-’68 la sua formazione contava di musicisti del calibro di Keith Jarrett, Jack DeJohnette e Cecil McBee. La musica del quartetto era una formidabile commistione di free jazz, post bop e soul jazz. Il grande successo critico e di pubblico lo portò ad interessare anche ad una vasta fascia di ascoltatori normalmente dediti ad altri generi musicali. All’inizio dei ’70 collaborò con i Beach Boys, i Doors ed i Canned Heat, ma sparì lentamente dalle scene musicali. Riapparve dopo un decennio grazie alla collaborazione con il giovane pianista Petrucciani per poi firmare nel 1989 per l’ECM. Il suo stile era cambiato, sempre riconoscibile ma più morbido e tenebroso e meno marcato ritmicamente. Dopo quasi venticinque anni passati per l’etichetta di Manfred Eicher, nel 2015 firmò per la Blue Note. Il disco che vado a presentarvi è il terzo per tale etichetta e s’intitola ‘Passin’ Thru’. L’album, un live, si apre con ‘Dream Weaver’ una versione coltraniana, quindi fuoco e fiamme. Il nostro sembra riportarci al suo periodo d’oro degli anni ’60, con tutte le contaminazioni del caso di cui facevano parte anche raga indiani. Siamo ammaliati da una versione di ‘Nu Blues’ scoppiettante e ricca di swing in cui la fa da padrone Eric Harland, uno dei batteristi più creativi del panorama attuale. Veniamo cullati dalla tenera e struggente ballad ‘How Can I Tell You’. ‘Tagore On The Delta’ con la sua scansione binaria di scuola Stax Volt, mostra l’abilità del quartetto di entrare ed uscire da molteplici trame sonore. Un disco che tiene legati tradizione e futuro, ed una band che mostra un feeling inarrivabile ed un interplay inusuale per i canoni attuali. Da centellinare come un whisky torbato.

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