È proprio vero, ormai le uscite discografiche si rivolgono ad un pubblico attempato, a coloro che in gioventù si sono dedicati con passione all’ascolto della musica attraverso l’acquisto di vinili e successivamente di CD. Le case discografiche da tempo hanno capito che l’unico mercato che ancora tira è quello delle ristampe oppure della pubblicazione di album di musicisti con tanti anni di carriera alle spalle.
Esce ora un lavoro abbastanza incredibile in cui si esibiscono ben cinque generazioni della Carter Family, autentica istituzione nell’ambito della country music. Partecipano alcuni membri originali quali Sara e Maybelle, poi figli, nipoti, pronipoti e giù fino alla quinta generazione. L’idea è venuta a John Carter Cash, figlio di Johnny, e Carlene Carter, figlia di June Carter Cash. I brani provengono da masters inediti incisi dalle figlie di Maybelle, June, Helen e Anita Carter e da un nastro inciso a casa all’inizio dei sixties, che la famiglia registrò in momenti diversi. Il risultato è una raccolta di ballate folk, intrise di gospel e country che richiamano alla mente quello che la First Family Of American Music, come era stata definita l’originale Carter Family, fece a cavallo tra gli anni Venti e trenta del secolo scorso. Le prime registrazioni della famiglia risalgono al 1928 e vengono considerate le prime incisioni di musica country, le cui radici sono da ascriversi a A.P. Carter, sua moglie Sara e la di lei sorella Maybelle. Hanno ispirato intere generazioni di musicisti tra cui il grande Woody Guthie che fece diventare suoi cavalli di battaglia tracce quali “Worried man blues”.
“Across generations” è un’opera in cui tutte le voci presenti si mischiano l’un l’altra in una sorta di gigantesca sessione, al punto che risulta complicato scinderle e capire chi stia cantando. Il risultato artistico, quindi musica e composizioni, è però di una purezza che si può paragonare a quella delle fonti d’acqua montana. Siamo proiettati in un’altra epoca in cui la musica aveva una valenza socio-culturale, assistiamo attoniti all’uso delle voci che si porgono all’ascoltatore rapendolo letteralmente, per non parlare degli strumentisti di contorno che abbelliscono ulteriormente i brani. D’altronde se ti trovi di fronte a gente quale Norman Blake, Dave Roe, Johnny Cash e molti altri il risultato non può che essere un suono che illumina i pezzi.
“Farther on” da inizio alle danze, un traditional cantato dalla voce ricca di pathos di Sara Carter, supportata da Adrianna Cross e Dale Jett, il suono di contorno è ridotto all’essenziale per un risultato finale che non può che raggiungere l’eccellenza. “My clinch mountain home”, registrata da A.P. Carter alla fine degli anni Venti, è cantata da Dale Jett, Carlene, Anita e Helen Carter. La base è folk a cui si mischia una forte venatura gospel che la pone all’interno del puro American Songbook.
“Worried man blues” non poteva mancare. Qui si alternano le voci in grande stile con la chitarra di David Carter Jones che risulta essere in primo piano. Ancora una volta si apprezza la purezza che queste canzoni possiedono.
Quello che risalta maggiormente all’orecchio e come si sia cercato di riprodurre le sonorità dell’originale Carter Family, cioè usando le voci e mantenendo gli arrangiamenti più scarni possibile.
C’è spazio per “Diamonds in the rough”, interpretata sia da John Prine che da Johnny Cash nel lontano 1973, che mantiene la sua bellezza intrinseca grazie alla combinazione delle voci e alcune sei corde acustiche che fanno da contorno. Altra traccia che era d’obbligo fosse presente è “Will the circle be unbroken”. Siamo sommersi da una miriade di ugole che si alternano fornendo una resa sentita e passionale.
Che dire se non che siamo al cospetto di uno dei migliori dischi dell’anno di roots music grazie alla riproposta di grandi canzoni che risalgono all’inizio del secolo scorso!!!


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