BURIAL – ‘Antidown EP’ cover albumNon è più il mistero che era agli esordi William Emmanuel Bevan, in arte Burial, ma è rimasto un artista piuttosto introverso, che preferisce che a parlare sia la propria musica piuttosto che sé stesso.

‘“Antidawn” riduce la musica di Burial ai soli vapori’ – così si è espressa Hyperdub, l’etichetta del nostro, frase che mi è capitato di leggere in rete in dicembre, forse era un qualcosa che avrebbe dovuto stimolare i nostri appetiti per la pubblicazione dell’opera più lunga di Bevan da “Untrue” del 2007.

Per certi versi questo rilascio mi ha riportato alla mente il fenomeno musicale dell’anno scorso, “Promises” della premiata ditta Floating Points, Pharoah Sanders e The London Symphony Orchestra. Sebbene ci siano tracce (se così si possono chiamare), sono impossibili da isolare e di cui rendere conto. Ne descrivi una, le descrivi tutte. Invece, proprio come “Promises”, ci viene presentata un’opera senza soluzione di continuità e continua che si rompe in una serie di movimenti (in questo caso, cinque). Di nuovo, come per il termine di paragone, “Antidawn” ha una qualità ipnotica, un ambiente che ti avvolge; assicurandoti che non sta succedendo molto, mentre l’intero universo sta crollando su sé stesso. Ci sono momenti in cui il suono si interrompe completamente, sospendendo il tempo, prima di tornare alla vita balbettante.

Avrete capito allora che non ci sono canzoni, non convenzionalmente parlando. Ma c’è una storia che si svolge gradualmente con un arco narrativo avvincente e, magistralmente, Burial utilizza tutto lo spazio disponibile nel racconto. Niente è affrettato. Ogni secondo è considerato. Ogni minuto conta. Mentre la storia si svolge, è evidente che le parole sono critiche. Attraverso le aride lande desolate di quei primi quattro ‘tracciati’, raffigurano la totale desolazione. Questo è il suono dell’alienazione da centro città. Ma poi, nel pezzo di chiusura, “Upstairs Flat”, troviamo un eventuale conforto. ‘Tra le tue braccia amorevoli’, proclama la voce, su ampi sintetizzatori. Musicalmente parlando, è il punto più espressivo dell’EP e combinato con quei testi sembra quasi un inno all’ottimismo. Un lieto fine? Le ultime parole pronunciate, attutite e distorte, suonano come ‘condannami’, quindi forse no.

“Antidawn” è un palinsesto. Puoi ancora vedere, sentire e ascoltare quelle incisioni sonore spettrali e glitch che ci hanno entusiasmato in “Untrue”. Ma qui, il nostro ha preso tutto ciò che ha creato in precedenza e lo ha decostruito. Il prodotto finale si trasforma in qualcosa di sempre più cupo, una bestia tenuta insieme da quelle voci inquietanti e spettrali che entrano ed escono apparentemente da un’altra dimensione, fornendo frasi da cui è impossibile sfuggire.

Poi c’è la produzione. Sembra di essere davvero vicini; come essere nella stanza, condividere le stesse cuffie con il creatore. È un’esperienza così intima, intensa e claustrofobica da penetrare nel profondo della propria testa. E mentre si sviluppa, sembra rompersi in frammenti e andare alla deriva nel gelido cielo nero. Come la cenere di un falò. E ti accorgi che, in vari punti, c’è un crepitio come le fiamme di un caminetto. Riducendo la musica ai vapori. Un’opera d’arte che regge uno specchio al mondo in cui viviamo oggi.

Un’esperienza unica, è improbabile che possiate vivere qualcosa di simile per il resto dell’anno!!!


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