Il divertimento e la piacevolezza di recensire un disco, soprattutto se si tratta di musicisti attempati, sono i ricordi che riaffiorano dal passato. Nel caso di Boz Scaggs ancora ho i brividi per il suo disco del 1969 inciso su Atlantic Records in cui è contenuto uno dei miei pezzi preferiti di sempre, “Loan me a dime”. È un lungo e sofferto slow blues a cui Duane Allman offre la propria chitarra per coinvolgerci anima e corpo come meglio non potrebbe.
Ricordo anche i primi due album della Steve Miller Band, “Children of the future” e “Sailor” in cui Boz è della partita. Due lavori interessanti, forse i migliori di Miller.
Siamo quindi al cospetto di un grande? Si se parliamo di vocalità e doti interpretative, uno dei migliori Blue Eyed Soul Singer, ma non in assoluto. Il suo periodo più creativo coincide con la prima metà degli anni settanta, le incisioni Columbia, poi ha seguito le mode del momento in termini di suono ed arrangiamenti fino a sparire negli eighties. Il ritorno alla musica di qualità avviene intorno alla metà dei novanta con alcuni lavori che mi avevano intrigato parecchio allora, ma che riascoltati oggi non lasciano le stesse sensazioni del tempo della loro uscita.
Ora, a fine luglio, è uscito il nuovo “Out of the blue”, che è la parte finale di una trilogia che ha visto Scaggs fare un passo indietro come compositore, contribuendo solamente con un paio di brani per disco.
Come per i due precedenti,”Memphis” (2013) e “A fool to case” (2015), troviamo Steve Jordan in cabina di regia. I musicisti coinvolti sono una super band: Jim Keltner alla batteria, Doyle Bramhall II e Charlie Sexton alle sei corde, Willie Weeks al basso e Jim Cox alle tastiere. È presente anche il caro amico Jack Walroth alla armonica e che contribuisce anche alla stesura di pezzi nuovi, ma che suonano come blues classico intriso di soul. Gli altri brani sono cover di Jimmy Reed, Magic Sam e Bobby “Blue” Bland.
Si inizia con “Rock and Stick” un blues pianistico contrappuntato da una sezione fiati che fanno da sfondo alla voce di Boz ricca di inflessioni soul.
Una delle principali ispirazioni del nostro è sempre stato Bobby Bland e per questo motivo troviamo un paio di pezzi composti da Don Deadric Robey portati alla ribalta dal grande Bland. Di Magic Sam reinterpreta “I’ve just got to know” che gli è stata suggerita da Dave Hidalgo dei Los Lobos.
Il brano più inaspettato è la cover di “On the beach” di Neil Young riproposta in ottica blues e quasi irriconoscibile.
Una delle cose più belle del disco è “Down in Virginia” di Jimmy Reed. Scaggs la rifà con grande partecipazione emotiva, vivendola nel profondo, accompagnato dal piano che si pone in stupenda evidenza.
Un lavoro non indispensabile, ma che le grandi capacità dei musicisti coinvolti riescono a farci vibrare piacevolmente offrendo un’immersione nella musica nera in tutte le sue declinazioni.


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