Uscito il 14 agosto 2020 via Blue Note/Universal, “Valentine” è l’album che inaugura un nuovo progetto discografico in trio per Bill Frisell. Suonato assieme al contrabbassista Thomas Morgan e al batterista Rudy Royston, il disco, prodotto dal collaboratore di lunga data Lee Townsend e registrato da Tucker Martine presso il Flora Recording di Portland, spazia tra standard jazz, canzoni tradizionali, rock e cover. L’album esplora la libertà creativa connaturata alla formula del trio e il profondo legame che esiste fra i tre musicisti dopo anni di tour trascorsi insieme.
«Quest’album si basa sull’empatia musicale che ho con Rudy e Thomas – scrive Frisell – abbiamo suonato insieme tanto, per lunghi anni, ma non c’era testimonianza di tutto questo. Ragione per la quale desideravo che rimanesse una traccia, qualcosa in grado di provare che si tratta di realtà, non di qualcosa di magico generato dalla mia fantasia».
Ad anticiparlo, la traccia conclusiva dell’album “We Shall Overcome”, l’inno ai diritti civili in grado di trasmettere speranza nei periodi più cupi («Ho suonato questa canzone per anni, e lo farò fino a che non ve ne sarà più bisogno – dice Frisell – Non posso fare a meno di sperare che quel giorno arriverà»).
In questo lavoro possiamo toccare con mano l’eclettismo che da sempre caratterizza la produzione musicale di Bill e che, in quest’occasione, riesce a darne una mirabile sintesi con il suo trio. C’è magia nel suono ed proprio questo fatto a dare unitarietà al lavoro, altrimenti assai eterogeneo. La diversità del suo corpo musicale lo si può osservare scorrendo la discografia del chitarrista. Musicista d’avanguardia, pittore del suono ECM, compositore di colonna sonora dedicate a Buster Keaton, cantore delle musiche tradizionali americane, quale sarà il Frisell che andiamo ad ascoltare? Potrei definirlo un Jimi Hendrix rustico che celebra le radici della musica americana sia antica che non. Il trio con cui si cimenta costituisce un’unità sottile – spontanea, ma senza far crollare la struttura musicale – che pizzica melodie familiari con discreti esperimenti armonici.
Frisell sta ancora una volta esplorando quella singolare visione musicale che rende il sessantanovenne uno dei grandi del jazz americano (un introverso al comando degli strumenti più estroversi). Chiunque abbia amato la produzione più recente del nostro non rimarrà assolutamente deluso, si rimane nel solco arato già da alcuni anni. Esiste, però, un aspetto che non risultava nei precedenti dischi ed è quello della familiarità, si prende meno rischi. Ascoltate un pezzo quale “Wagon wheels”, l’introduzione su una cowboy song è estremamente affascinante, ma si colloca nella comfort zone di Frisell. È un po’ così in tutto il lavoro, le musiche che rivisita sono tante, ma lo stile è quello che lo distingue da alcuni anni a questa parte!!!
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