BEN LAMAR GAY – ‘Open Arms To Open Us’ cover album“Open Arms to Open Us” è il nuovo disco di Ben LaMar Gay uscito su International Anthem il 19 novembre. Nel 2018 Gay diede alle stampe il suo primo lavoro, “Downtown Castles Can Never Block The Sun”, che raccoglieva il frutto di molti anni di produzioni e composizioni. Questo secondo album, invece, nasce in un periodo più circostanziato: quello della primavera 2020, con il mondo e l’artista alle prese con eventi enormi e inimmaginabili. Proprio da questa «caduta delle apparenze» (la definisce così LaMar Gay) muove la genesi del nuovo rilascio. ‘Le cose non vanno bene. Le cose non sono mai andate bene, almeno in questo breve periodo del pianeta dove l’uomo vende e uccide per poter possedere parti della terra’.

Il pensiero del futuro delle nuove generazioni, in particolare dei suoi nipoti, lo ha fatto riflettere su cosa poter lasciare loro in eredità. La risposta è stata: il ritmo. Così questo è un disco che contamina il jazz con un funk rallentato e orientaleggiante (“Aunt Lola and the Quail”) oppure con afflati etnico/slacker altezza Gonjasufi (“Hood Rich Happy”), mai perdendo di vista – appunto – il ritmo, assoluto protagonista anche quando entrano in scena Dorothée Munyaneza sul dulcimer di “Nyuzura” e Angel Bat Dawid in un episodio ancora più scarno e quasi root (“S’Phisticated Lady”), dove il tempo è scandito dal solo battito di mani.

Insieme a un notevole elenco di artisti di Chicago, tra cui Ayanna Woods, Tomeka Reid, Angel Bat Dawid, Gira Dahnee e il poeta A. Martinez, Gay rimane un poliglotta giramondo su “Open Arms to Open Us”. Ha così tanti riferimenti in gioco che è difficile nominarli tutti—comprendono la samba, i lamenti funebri di New Orleans, i canti dei passi scolastici e l’alfabeto Igbo, per a malapena scalfire la superficie—e tutti combaciano in modo esilarante con la sua fantasia dai contorni jazz e voce flessuosa. Il singolo principale e la traccia di apertura, “Sometimes I Forget How Summer Looks on You”, è una benedizione sognante ai giorni estivi che svaniscono, con sintetizzatori psichedelici e cori eterei (per gentile concessione di Ohmme) si snoda intorno a una progressione d’organo quasi devozionale.

È una delle cose più accattivanti che ho sentito in tutto l’anno, e più o meno dà il tono al resto dell’LP, che include meraviglie come il duro ma sensuale “Bang Melodically Bang” e il divinamente ciclico ” Nyuzura” (con la cantante britannico-ruandese Dorothée Munyaneza).

In soli 45 minuti, “Open Arms to Open Us” sembra finire troppo presto, ma termina anche bene. In “We Gon Win”, il nostro stabilisce un’infallibile melodia di bass-synth in loop, su cui scorre sulla cornetta in un quartetto con il trombonista Matthew Davis, il flautista Rob Frye e il batterista Tommaso Moretti. Nel momento in cui il titolo compare nel testo, a metà della canzone, la vittoria è stata assicurata da tempo. Il lavoro si conclude qui, ma il messaggio di Ben al futuro risuona: abbiamo vissuto, eccome!!!


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