BEIRUT – ‘Artifacts‘ cover album“Artifacts” è la raccolta in doppio album comprendente demo, rarità e b-side, che Zach Condon ha prodotto – a nome Beirut – lungo una carriera discografica iniziata nel 2005 con l’album “Gulag Orkestar”, e inaugurando con quello una cifra stilistica capace di unire songwriting languido-romantico a fascinazioni tzigane e balcaniche.

I quattro lati del doppio vinile sono stati nominati per dare indicazioni sulle tracce che contengono (“Lon Gisland, Transatlantique, O Leãozinho”, “The Misfits”, “New Directions and Early Works” e “The B-Sides”). La prima di queste, “Fisher Island Sound”, è un brano folk arioso e bucolico per chitarra e chitarrina, piano e percussioni, fisarmonica a bottoni e tromba. Ricorda da vicino le serenate pop-folk per il Sud del Mondo che Zach aveva approntato nell’ottimo “The Rip Tide” (2011).

Leggere le note di copertina è una vera rivelazione nel modo in cui Beirut mappa un viaggio musicale. Racconta di come dall’età di 11 anni si sia ritrovato ‘colpito da una terribile insonnia e molte ore solitarie da uccidere di notte’ ed è stato questo tempo da riempire che inizialmente lo ha portato a registrare musica su ‘una tromba, una drum machine, un sintetizzatore e la chitarra acustica di mio padre’.

Un anno prima che il nostro pubblicasse la prima registrazione completa, “Gulag Orkestar”, rivela anche il supporto ricevuto da Jeremy Barnes e Heather Trost di A Hawk and A Hacksaw per cui ha aperto nel 2005. Sono state band come questa che lo hanno incoraggiato a lanciare “The Edge”, uno streaming radiofonico di 24 ore su Folk Radio UK che ha gestito insieme ad un canale folk più ‘Trad/Contemporary’. Su “The Edge”, si potevano ascoltare gli ottoni balcanici e il folk dell’Europa orientale di Beirut e A Hawk and A Hacksaw insieme a artisti del calibro dei Tuung con la loro folktronica, gli allenamenti lo-fi di Jeffrey Lewis e Micah P Hinson, le riflessioni psych-folk di Arborea e i suoni scoloriti dal sole dell’Arizona di Howe Gelb – senza dimenticare i clienti abituali come Bonnie ‘Prince’ Billy, Alasdair Roberts, James Yorkston, Smog, My Brightest Diamond, PG Six, Rachael Dadd, This is the Kit e molti altri. I primi anni 2000 sono stati un periodo interessante per la musica e sembrava che ci fosse un vero cambiamento sismico in atto nel mondo musicale in quel momento e, per lui, è ancora lo stesso nei riguardi di molte di quelle band o solisti.

Con questo rilascio si ripercorre l’evoluzione di Condon, dai primi tentativi adolescenziali di portare in vita la musica che sentiva nella sua mente, all’idea, pienamente formata, che conosciamo oggi.

“Artifacts” è iniziato umilmente come mezzo per compilare alcuni dei primi EP di Beirut per un corretto rilascio fisico. Tuttavia, come spiega Condon nelle eccellenti note di copertina, il ricollegamento con le vecchie registrazioni attraverso nuove orecchie ha trasformato un semplice progetto di ristampa in qualcosa di molto più ampio. ‘Quando è arrivata la decisione di ripubblicare questa raccolta, mi sono ritrovato a scavare nei dischi rigidi alla ricerca di qualcosa in più da aggiungere alla compilation. Quello che era iniziato come un paio di tracce inedite extra dei miei anni di registrazione formativa si è rapidamente trasformato in un intero record plus di musica del mio passato e un progetto più ampio di remixare e rimasterizzare tutto ciò che ho trovato per buona misura’.

Il suo è un indie-pop innocente, colmo di spensieratezza ed estremamente piacevole. Coloro che apprezzano Zach Condon non avranno problemi a farsi piacere i vari momenti sonori qui presenti. Si passa dall’elegante ballata al piano, “Fountains and Tramways”, alla fioca “Autumn Tall Tales”, dalla piccola orchestra popolare di “The Long Island” alla chillwave appena spruzzata di “Babylon”. Potreste essere colpiti da sensazioni che vi riconciliano con una visione romantica della vita!!!


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