È facile dire che Jaimie Branch è una dei trombettisti più eccitanti che si siano presentati negli ultimi anni, molto più semplice che dire che tipo di trombettista sia. La residente di Brooklyn ha affinato la propria intensità punk e la formazione classica in una scena di Chicago dove i confini tra rock, free jazz e musica elettronica sono porosi, e si sente. Eppure la voce strumentale distintiva e lo spirito di raffinata anarchia rendono il suo lavoro coeso. Trasforma temi tesi e accesi che non sembrerebbero fuori posto in una canzone degli Arcade Fire in disegni esplosi di tecnica estesa e libera espressione, il tono sanguinante arcobaleni ai bordi, ma quasi traslucido puro al centro.
Sebbene Branch abbia lavorato con un certo numero di band indie, tra cui TV on the Radio e Bell Orchestra, è meglio conosciuta come la bandleader di Fly or Die, con il bassista Jason Ajemian, il violoncellista Tomeka Reid e il batterista Chad Taylor, tutti loro musicisti di peso nell’inebriante Chicago di Tortoise, Rob Mazurek, Ken Vandermark, Thrill Jockey e International Anthem. Mentre i due acclamati album del quartetto sono indisciplinati e vagabondi, pieni di angoli e lunghe ombre, sono chiaramente jazz acustico. “Pink Dolphins” di Jamie e Jason Nazary, è qualcos’altro, in tutti i sensi.
Il titolo del disco deriva dai delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, in parte in omaggio all’eredità colombiana della nostra, ma anche semplicemente per quella che lei chiama la loro atmosfera ‘acquadelica’. (L’immagine di copertina, dipinta su un ramo, ricorda un disegno di Basquiat perduto per un ‘Trapper Keeper’ degli anni ’80). “Anteloper” è un grande nome e tutto, ma LSD Soundsystem era già lì.
Il lavoro arriva con l’imprimatur dei Tortoise, la band che ha riformattato la free energy dell’improvvisazione di Chicago per un pubblico generale. Il batterista John Herndon ha aggiunto la finitura digitale alla copertina dipinta dalla trombettista, mentre il chitarrista Jeff Parker è stato il Teo Macero del Miles degli anni ’70 della Branch, un’influenza dichiarata, insieme ai giganti della tropicália e agli sperimentatori funk come Sun Ra, J Dilla e i fusion torchbearers Harriet Tubman.
Come Macero, Parker ha ampliato la definizione di produttore, riducendo ore di sessioni improvvisate, sollecitando nuovi pezzi e aggiungendo le sue chitarre e tastiere fino a quando non è emerso un album. Il kit trap di Nazary è mescolato con pad che attivano effetti e suoni elettronici, rafforzando una sensazione di connessione vibrazionale. Le tracce che si allungano sono acque sempre più profonde, che gli assoli del ramo solcano come vele fiere.
Una musica rumorosa, diretta, impaziente e scortese. Tocca all’ascoltatore accettare queste caratteristiche come positive!!!
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