I cantautori confessionali affrontano un dilemma su quanto rivelare, se percorrere la strada del ricordo della miseria o sforzarsi troppo per trasmettere un messaggio positivo. Con “in/FLUX”, Anna B Savage si fa un esame che suona come il miglior episodio di sempre della vecchia serie di Radio 4 “In the Psychiatrist’s Chair”, mentre accetta la dualità ed evita la superficialità delle vite perfette ritratte nei social media.
Savage ha catturato l’attenzione con il proprio debutto, “A Common Turn” del 2021, grazie alla voce straordinariamente ricca e ai suoi sentimenti franchi. Anche se sembrava tonificante e purificante come una doccia fredda, è stato un disco che non ho rivisitato regolarmente come previsto e sembra monocromatico rispetto a “in/FLUX”. Questa volta ha lavorato con Mike Lindsay (Tunng e Lump) la cui produzione svela una gamma caleidoscopica di colori e dà respiro ai procedimenti, creando un accompagnamento che complimenta, ma non oscura le emozioni.
Ciò è illustrato nella traccia di apertura, “The Ghost”, che emerge da ringhi elettronici e Anna che ricorda di lavarsi i denti insieme a un vecchio partner, si evolve nella paura di chiamare il proprio nome a un nuovo amante, e un ritornello nella sua voce appassionata, ‘smettila di ossessionare me per favore / lasciami stare’ accompagnato da pugnalate di ottoni in mezzo a un melodramma ascendente.
Iniziando con suoni aviari e chitarra acustica, il movimento delle sue dita lungo i tasti udibile, “I Can Hear the Birds Now” la vede cercare di scegliere la cartolina perfetta che sembra troppo toccante per essere inviata, il ronzio di una melodia di oboe che scivola lungo e aggiungendo al senso di rassegnata accettazione.
I testi trasmettono il senso di diari intimi. Spesso si ritrova a tornare alla dipendenza. “Pavlov’s Dog” racconta i tempi in uno spazio di testa malsano e dipendente, trovandola ‘in attesa, sbavante’ di una miscela di elettronica e un accenno di steel drums. Mentre l’elettronica inquieta lascia rapidamente il posto a una melodia morbida, “Crown Shyness” vede la nostra che esamina emozioni contrastanti (‘… è solo una cosa tra amici o una sorta di finale? Non sembra sostenibile / questa spinta e questa attrazione senza fine / tu sei nei miei sogni moltissimo al momento’).
La title track sarebbe straordinaria per i suoi sentimenti crudi, per non parlare della sua ginnastica vocale, delle risate e del ritmo delirante. È un tema che ha iniziato a esplorare in “Since We Broke Up” dall’EP “These Dreams”, rifiutando la risposta incredula all’idea di una donna che si realizza e non richiede la convalida di una relazione.
L’atmosfera varia tra le tracce, riflettendo l’esperienza quotidiana. Mentre la calma accettazione indugia su “Hungry” con le sue chitarre strimpellate, i ritmi discreti e l’affascinante melodia del vento, “Feet of Clay” ha la sua ‘paura di essere intrappolata’ e ‘leggere tutto sugli allegati’ su un allettante loop di tastiera. Su chitarra, tastiere e ritmi delicatamente raccolti, “Touch Me” vede Anna inseguire il formicolio del desiderio (‘Avevo dimenticato come ci si sente a desiderare qualcuno… questa è la parte migliore, non è vero / mi godo il dolore, volere qualcosa’).
La traccia di chiusura, “The Orange”, vede un ritorno ai sentimenti che la segnano come la Greta Garbo dei cantautori ‘non voglio figli o un partner / in questo momento questa è l’onesta verità di Dio, ma nessuno mi crede’, riflettendo ‘Io penso che Wendy Cope sarebbe d’accordo / è un piccolo miracolo godere finalmente di essere me’, la serenità riflessa con dolci esplosioni di fischi nell’adorabile accompagnamento musicale di sei corde, tastiere e fiati. Come mantra, ‘se questo è tutto ciò che c’è / penso che starò bene’ è un modo meravigliosamente rassicurante per lasciare l’ascoltatore e una conclusione sublime per un lavoro di rara profondità lirica e musicale!!!
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