WORKING MEN’S CLUB: “Working Men’s Club” cover album“Working Men’s Club” corrisponde al clamore del loro ricercato album di debutto omonimo. Era tutto pronto per l’esordio, un successo annunciato, grazie alla comprovata esperienza di esibizioni dal vivo, singoli eccezionali e molta attenzione sia dalle stazioni radio che dalla stampa musicale. Probabilmente ha concorso il fatto della giovane età del loro frontman, Syd Minsk-Sargeant.

Questo album di debutto descrive la realtà claustrofobica in cui ci troviamo, in un’opera toccante che può essere interpretata come un segno dei tempi, un inno per la gioventù condannata. È stato nella loro città natale di Todmorden nella Calder Valley, Yorkshire occidentale, dove il diciottenne Syd ha iniziato a montare l’album per la prima volta. ‘Non c’è molto da fare, non c’è molto da fare da adolescente’, dice. ‘È abbastanza isolato. E può diventare piuttosto deprimente trovarsi in una città dove d’inverno fa luce alle nove del mattino e buio alle quattro’. È questo senso di febbre da capanna, di ‘pensare che non scapperai mai da una piccola città in mezzo al nulla’.

Si tratta di un lavoro che mette in mostra la passione dei nostri per la tradizione electrowave, ma che contiene i germi per sviluppi davvero interessanti. Sanno combinare il rigore ‘industrial’ di Sheffield con l’ardore edonistico di Manchester, quasi che sembra di ascoltare, nello stesso pezzo, i Cabaret Voltaire e gli Happy Mondays. I toni a volte virano verso un formato pop, sempre coinvolgente anche se meno avveniristico. Credo, infatti, che il meglio il gruppo lo riservi in tracce in cui è pienamente riconoscibile una certa intransigenza claustrofobica in cui i synth pennellano paesaggi ipnotici in un duellare continuo con la voce di Syd, sempre tesa.

“Valleys” è il rauco brano di apertura dell’album, questo inno rave deliziosamente pungente è davvero unico nella sua capacità di forgiare un nuovo suono, mentre eleva magistralmente la musica del passato da artisti del calibro di 808 State. La traccia fonde perfettamente la voce post-punk con un ritmo old-skool, Minsky-Sargeant prepara la scena per la società monotona in cui ci troviamo, quella di essere ‘Intrappolati, dentro una città, dentro la mia mente, Bloccati senza idee’.

La voce dell’album è impeccabile, in particolare per brani come “White Rooms And People”. “Outside” è forse l’offerta più pittoresca della raccolta, ma è immediatamente seguita da “Be My Guest”, un pezzo industriale che manda gli ascoltatori in un frenetico derviscio. Tracce come “Cook Like A Coffee” rappresentano le band senza un’etica di cazzate, alzando due dita al conduttore della BBC Andrew Neil affermando senza vergogna ‘sembri una fica …’.

Questo corpo di lavoro ritmicamente espansivo potrebbe passare come un mixtape, attraversando un miscuglio di suoni, epoche e generi. L’unica cosa coerente in tutto è la voce eccezionale di Minsky-Sergeant. I suoi discorsi sulla vita moderna sono davvero iconici, rappresentando una generazione che non si è mai sentita isolata e incerta su ciò che ci aspetta. È durante una pandemia, la Brexit e la disarmonia economica che emergono gruppi come i Working Men’s Club, con un senso illimitato di energia e intensità lirica che non vediamo l’ora di assistere dal vivo!!!


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