WILL HOGE- “Tiny Little Movies” cover albumWill Hoge è un signor nessuno qui da noi, nonostante sia attivo da più di vent’anni, la maggior parte dei quali trascorsi come artista indipendente, a parte il disco del 2003 uscito per Atlantic ed un periodo alla Rykodisc (che major non era, ma sapeva ben porsi sul mercato). Negli ultimi tempi Will si è accasato alla Thirty Tigers, una delle migliori indie labels sul suolo americano oggigiorno.

Il musicista del Tennessee, che si può anche considerare un allenatore di baseball mancato, è un countryman, molto poco nashvilliano, dotato di un suono corposo e vibrante, ma che è sempre rimasto nell’ambito del country.

Gli anni del nuovo millennio non sono stati proficui per il cosiddetto ‘heartland rock’. Viviamo un periodo di cantautori disoccupati e chiusi nella propria stanza e c’è poco da sfogarsi la sera dopo il lavoro (‘quale lavoro?’ appunto) sul palco di un pub. Così voleva l’immaginario nato negli anni ’70 alle spalle di mostri sacri come Bruce Springsteen o Bob Seger, padri di quel mix tra rock e musica soul della Stax che ha da sempre caratterizzato il genere. Ora il buon Hoge sembra intenzionato a percorrere quella strada, abbandona quelle sonorità dai toni dimessi a metà tra roots-rock e pop, insegnato a tutti da Ryan Adams negli anni precedenti. Il nuovo lavoro dimostra che il nostro sta rinunciando a suonare anche per forza moderno, e ha deciso di proporre il suo rock senza troppo pensarci. Registrato con un trio di musicisti energici e nati per la vita da session-men di strada, (Thom Donovan, Allen Jones e Christopher Griffiths), “Tiny Little Movies” è un disco nato per essere suonato in un locale, con la gente accalcata sotto il palco e non certo da ascoltare la sera sul divano prima di addormentarsi. Due chitarre, basso e batteria e nulla di più (solo qualche sovrincisione di organo e piano). Quindi un disco di puro R’n’R con i Rolling Stones e Bob Seger in testa e un momentaneo allontanamento dalle influenze country. Non è solo la grinta ed il sound a fare della raccolta un album molto interessante, ci sono anche canzoni notevoli, ma queste non sono mai mancate anche in passato, essendo Hoge un ottimo songwriter.

L’iniziale “Midway motel” è l’esempio paradigmatico delle sonorità che si manifestano per la durata dell’intero disco. Canzone rock con le sei corde in primo piano, la sezione ritmica che si fa sentire, la voce arrocchita, un breve assolo di armonica e una melodia in grado di essere immediatamente memorizzabile. Una ballata come “Even The River Runs Out Of This Town”, dal testo diretto e lineare, sorretta da un dialogo fitto fra una voce rugginosa, un nostalgico riff di acustica e graffi dell’elettrica, su cui si innesta un piano discreto, ma efficace. “My Worst”, che la segue, intensifica la sensazione di trovarsi in un clima torrido, denso di rimpianti e speranze, come in certi brani soul degli Stones, da cui mutua anche l’uso delle tastiere e di un coro che comprende anche un breve, ma potente assolo femminile. La lezione dei grandi è assimilata alla perfezione da Hoge e dalla sua band, a cui si aggiunge il produttore Matt Ross-Sprang che dà un sapiente amalgama a tutti i pezzi. Dopo l’energica “The Overthrow” segue l’autobiografica “Maybe It’s Ok”, forse la più ‘pettiana’, insieme alla radiofonica “The Curse” e a “Is This All That You Wanted Me For”, dal crescendo emozionante, ballata calda e ricca di emozione in cui l’interplay tra chitarra, organo e piano da un tocco decisamente seventies.

Un disco perfetto per viaggiare, anche solo con la mente, ben costruito, sanguigno ed emozionale il giusto!!!


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