È bello a volte avventurarsi nella storia di come un gruppo sia nato. Si narra che Adam Granduciel e Kurt Vile si siano conosciuti nel 2003 ad una festa, e dopo svariati bicchieri si siano aperti l’un l’altro e abbiano scoperto di avere gusti musicali simili. Ad entrambi piaceva il Bob Dylan di ‘Highway 61 Revisited’. L’incontro avvenne in Philadelphia e da lì nacque una collaborazione che li portò a scrivere alcuni brani che cercassero di combinare la visione musicale dylaniana a fendenti chitarristici che si rifacevano agli stilemi del miglior rock alternative americano. All’inizio fu Granduciel che entrò a far parte della band di Vile, ma successivamente i due dettero vita a The War On Drugs. Non erano ancora ben consci se suonassero per puro divertimento oppure per dedicarsi a tempo pieno al progetto. Si spendevano molto in presenze presso Philadelphia ma non disdegnavano di recarsi anche a New York per suonare e far circolare il proprio nome. Nel 2007 pubblicarono un ep di cinque canzoni fra cui spiccavano ‘Arms like boulders’, in cui ci sono già tutte le componenti del loro suono, dall’alternative folk a Dylan, dai Waterboys a chitarre in chiave shoegaze, e ‘Pushing Corn’ che sembra ripresa da ‘Forever Changes’ dei Love. Le recensioni sono positive ed attirano l’attenzione di una label come la Secretly Canadian che li mette sotto contratto e pubblica il primo album nel 2008, ‘Wagonwheel Blues’, a cui fa seguito una lunga tournée europea che porta Kurt Vile ad abbandonare il gruppo ed intraprendere una carriera solista. Granduciel non si perde d’animo e prosegue sfornando un altro paio di titoli, nel 2011 ‘Slave Ambient’ e nel 2014 ‘Lost In The Dream’, con il quale è riuscito prendersi una sonora rivincita su Kurt che fino a quel momento lo aveva sicuramente oscurato. Lo stile era ormai definito, un calibrato blend di folk e rock americano, il tutto venato da spruzzi di psichedelia. Le sue composizioni mi hanno sempre fatto ricordare lo Springsteen di ‘Philadelphia’ per l’uso delle tastiere e della batteria, anche se si discostava per l’uso delle chitarre in chiave psichedelica. Quel disco fu la svolta commerciale per il nostro che passò infatti da gruppo per club a band da grandi arene e festival. C’era grande attesa per il nuovo album, ‘A Deeper Understanding’ che non sono andate deluse. Il passaggio ad una major non l’ha cambiato e ci troviamo di fronte ad un disco molto stimolante. Si assiste ad un abbandono della psichedelia per assestarsi su di un rock più classico che trasporta l’ascoltatore nelle lunghe code strumentali. ‘Up All Night’ apre le danze alla grande, un brano molto dylaniano con chitarre e tastiere che s’intersecano e la ritmica che viene ampliata da una drum machine. Una delle caratteristiche del lavoro è la durata, mediamente piuttosto lunga, dei brani. Affascinante è l’elettroacustica ‘Pain’ che viene accesa di continuo da inserti elettrici. ‘Strangest Thing’ vale da sola l’album, è infatti una canzone di grande impatto estatico che rapisce e ci porta verso una serenità interiore. Altro capolavoro è ‘Thinking of a Place’, con passaggi tra assoli vibranti e dolci pause, piano e armonica creano un’ambientazione sospesa che sembra trasportarci in una dimensione notturna. Un’opera che conferma i War On Drugs un gruppo di alto livello e Granduciel un songwriter sopraffino capace di dare un’impronta personale e riconoscibile alla propria musica.

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