Cover album THE BLUE NILE- “High”Si conoscono all’università di Glasgow. Buchanan studia letteratura, il suo amico di sempre, figura in disparte ed ombrosa, Paul Joseph Moore segue elettronica e Robert Bell matematica. Gruppo eminentemente acustico capace di atmosfere delicate quanto intense, il loro non sarà mai un semplice catalogo di canzoni, ma, piuttosto, una colonna sonora per anime sentimentali. Prendono il nome di Blue Nile e non seguono il trend di un disco ogni anno, ma, grazie anche al produttore Calum Malcom, centellinano le uscite con la giusta dilatazione dei tempi creativi. Questa incapacità di stare alle regole dell’industria discografica li trasformerà in un oggetto di culto che li porterà alla disfatta. Produrranno solo quattro dischi fra il 1983 e il 2004, terminati con grande difficoltà, sempre insicuri sul risultato finale a causa della loro tendenza al perfezionismo, con il loro rigore e disciplina. Sono apprezzati dai colleghi, infatti hanno collezionato diverse collaborazioni: tra gli altri, con Peter Gabriel, Rickie Lee Jones, Annie Lennox e Robbie Robertson.

Come le ristampe dei tre precedenti anche “High” esce in versione rimasterizzata, con la presenza di quattro inediti del periodo e due remix. Uscito nel 2004, ma a non saperlo potrebbe essere stato pubblicato in un momento qualunque dopo l’esordio “A Walk Across The Rooftops” (1984) o dopo il successivo “Hats” (1989). Disco dopo disco, attraverso tre decenni di musica distillata con il contagocce, il panorama della band di Paul Buchanan è mutato impercettibilmente. O, piuttosto, è come tornare a guardare sempre lo stesso quadro, accorgendosi di un dettaglio diverso ogni volta.

“High” presenta grandi dilatazioni dei tempi, un amore per la dimensione ‘slow’. Buchanan sovraintende con estrema cura la confezione dei nove brani, eleganti e sinuosi, che portano tutti la sua firma. È ancora presente, e non potrebbe essere altrimenti, tutta la loro storia suddivisa tra cuore (Paul) e scienza (Moore), tra le luci della città in copertina e lo studio al 99 Otago Street Building, dove i tre provavano agli inizi, riportato all’interno.

Se c’è un punto in particolare che vale l’intero viaggio è “Soul Boy”: non è solo la melodia maggiormente riuscita, è anche il momento in cui la voce di Buchanan pare più vicina all’oggetto del suo desiderio. Poco dopo (“Everybody Else”) il ritmo si fa vagamente più incalzante e l’ottimismo pare – per un solo attimo – prevalere sull’incertezza; ma “Everybody Else” scompare subito, affievolendosi nel battito distante di “Stay Close”, lunga e degna chiusura, non solo dell’album, ma dell’intera carriera, visto che il leader annuncia immediatamente al manager lo scioglimento del gruppo.

Un disco che conferma la vena eterea e profonda dei Blue Nile, che vi consiglio di ascoltare attraverso questa ristampa se vi fosse sfuggita ormai tre lustri fa!!!


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