Il soul non è una musica che risiede in un luogo ben preciso, Memphis, Detroit oppure Chicago, non è rappresentato da un solo musicista che lo ha caratterizzato dalle fondamenta, ma è un fattore attitudinale, esula da luoghi e persone.
Già da qualche anno è un fiorire di gruppi o solisti che propongono soul music, ma è recentemente che abbiamo visto passare musicisti che partendo dal passato hanno lo sguardo rivolto al futuro. Un po’ di tempo fa vi avevo presentato l’esordio dei Black Pumas, un disco che mi aveva colpito per la sua musicalità ricca e piena di colori e che ha accompagnato diverse mie giornate estive. Ora è la volta di un combo australiano, i Teskey Brothers, molto più classicamente soul. Sono composti dai due fratelli Teskey, Josh che si occupa della chitarra ritmica ed è il cantante e Sam che è il solista della sei corde, completano la formazione Brendon Love al basso e Liam Gough alla batteria. Nonostante abbiano pubblicato solo un paio di album sono insieme da una decina d’anni e non si sono fatti mancare massicci ascolti di soul music americana, i grandi classici della Stax/Volt.
È doveroso un distinguo, se il primo lavoro dei ragazzi australiani si rifà clamorosamente al periodo Stax, il secondo ne prende le distanze, si muove in altre direzioni grazie alla produzione di Paul Butler uno specialista del genere che possiede buon orecchio e una certa dose di imprevedibilità. Ha svolto un efficace lavoro sui suoni cercando e trovando aperture che “Half mile harvest” non possedeva. Ci sono richiami al suono Americana (“San Francisco”), al buon vecchio rock sudista (“Paint my heart”), sorprese come in “Sunshine Baby” con i suoi umori dixieland per arrivare al gospel. Questa eterogeneità fa bene al disco perché lo rende più interessante ascolto dopo ascolto.
Non ha avuto un parto semplice, è stato scritto nei ritagli di tempo durante i due anni di concerti per promuovere il primo lavoro. La fortuna è stata che hanno sempre avuto il produttore vicino.
Per poter suonare in questo modo è necessario avere una voce adatta e quella di Josh sembra perfetta, roca, calda, intensa capace di esprimere sentimenti profondi. Analizzate il brano “Let me let you down”, a me sembra di sentire Eddie Hinton. C’è un organo da chiesa del sud, tocchi chitarristici gentili, un’atmosfera gospel e il cantato che emana sapori soul come nelle migliori prove del genere.
I Teskey Brothers sanno come scrivere canzoni che abbiano rispetto del passato, ma mostrino anche capacità di scrittura. La sezione ritmica è precisa e mai invadente, la chitarra non scolpisce, ma decora, ha più una funzione ritmica che non una solista.
Bravi, proprio bravi, il passato è evidente nella loro musica, ma hanno portato anche il presente nelle pieghe del suono e pure nelle liriche!!!


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