STONER – ‘Stoners Rule’ cover albumLe atmosfere desertiche di Brant Bjork incontrano l’attitudine punk di Nick Oliveri in un mix esplosivo che ci riporta ai giorni migliori del gruppo madre Kyuss e di tutto il cosiddetto Desert-Stoner. Questo album è una celebrazione di quel suono, guidato dallo spirito di questi incredibili musicisti e artisti.

7 tracce originali per questo notevole album di debutto che descrive come guidare nelle strade polverose del deserto del Mojave, dove tutto ha avuto inizio. La voce di Brant dà un colore classico ai riff blues ipnotici di base. Registrato al The Rad Cabin, Joshua Tree, CA il 12 ottobre 2020 da Yosef Sanborn, questa sarà la vostra colonna sonora per l’estate 2021!

Ad anticiparlo, brani che più stoner (e desert) rock non si potrebbero definire, a partire dal secondo estratto “Rad Stays Rad” (in riferimento allo studio e al genere stesso) con i suoi blues riff ribassati, i tamburi sporchi di sabbia e il basso di Olivieri a reclamare a gran voce: «non chiami una band in questo modo se non hai mai sentito questa parola prima».

Questo trio di ribelli del desert-rock è così autentico che probabilmente hanno la sabbia tra le dita dei piedi. Brant Bjork (ex Kyuss, Fu Manchu) è alla chitarra, Nick Oliveri (Mondo Generator, ex Kyuss, Queens of the Stone Age) è al basso con entrambi gli uomini che condividono la voce; Ryan Güt fornisce le risposte percussive a qualunque cosa gli altri due servano.

“Rad Stays Rad” è un brano di apertura abbastanza discreto, che spinge delicatamente avanti e indietro ma non in modo invadente. Sebbene non sia certamente un ascolto orizzontale, è comunque un primo rilascio allettante e rilassato. Il tempo inizia a salire su “The Older Kids”. A questo punto bisognerà districarsi dal solco cavernoso in cui probabilmente vi ritroverete a cadere mentre i veterani rinnegati riffano quasi fossero maghi di un vecchio circo, pronti ad eseguire i loro trucchi.

“Own Yer Blues” è il momento in cui ci sarà bisogno di un mezzo… per spazzare via la nebbia vorticosa che inizia a fumigare attraverso i vostri altoparlanti mentre gli Stoner accendono un bong a cui non potete fare a meno di attingere. Ormai completamente sotto l’incantesimo dei nostri, il trio suona un paio di pezzi più brevi e più tranquilli, agganciandosi a un colpo adrenalinico istantaneo in “Nothin” e poi “Evel Never Dies” in cui Güt (anche della band solista di Bjork) riesce a esercitare il suo kit con un po’ più di brio.

Bjork e il raramente noioso Oliveri sono fratelli così consumati che il gruppo non potrebbe essere altro che un successo tra gli amanti del genere. “Stand Down” li vede scambiare groove con la stessa disinvoltura con cui uno chef impiatta le proprie pietanze e continuano a mettere il loro sigillo su un debutto raffinato con la formidabile chiusura, “Tribe/Fly Girl”, una languida escursione di 13 minuti nel deserto in cui costruiscono costantemente riff ipnotizzanti, cuscini infinitamente più rilassanti di qualsiasi cosa potreste trovare!!!


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