Cover album PSYCHIC MARKERS- “Psychic Markers”Gli Psychic Markers pubblicano il loro terzo album omonimo per Bella Union . La band londinese composta da membri di band come Still Corners, My Sad Captains, Great Ytene e Grass House descrive il nuovo album così: “Immagina un film in stile David Cronenberg in cui ogni mattina ti svegli e trovi il tuo cervello nella testa di un’altra persona, in questa maniera vedi la vita da una prospettiva totalmente diversa. Volevamo creare un album guidato dall’intuizione, senza soluzione di continuità tra elettronica e pop psichedelico”.

È un lavoro evolutivo che passa dallo stato di incoscienza alla rivelazione, che nasce con l’anziano protagonista in un momento in cui è assalito da dubbi di natura esistenziale nel brano “Where is the prize” e procede a spirale verso le visioni/rivelazioni della conclusiva “Baby it’s time”. L’album si snoda senza soluzione di continuità tra un’elettronica pulsante e il pop psichedelico con la frequenza che scivola dalla scintillante melodia alla ricca atmosfera cinematografica. Le composizioni si snodano su un terreno che da alla luce paesaggi avvolgenti, gli stessi che erano caratteristica del singolo di lancio “Silence in the room” con il suo groove trascinante.

Con membri provenienti da luoghi distanti tra loro come l’Australia e lo Yorkshire, Dufficy e Dove hanno scritto e prodotto il disco insieme, il basso afoso ma sottile è nelle mani di Luke Jarvis, che ha anche fatto la grafica per la band, mentre la voce incandescente di Alannah Ashworth si accoppia alle percussioni condivise di Lewis Baker e Jim Wallis. La traccia di apertura “Where Is the Prize?” è un apripista perfetto che racchiude il lirismo introspettivo ma esistenziale di Dove, così come il terreno sonoro espanso della band. Musicalmente, si apre con onde leggermente lappate di elettronica che danno il tono per un disco più orientato elettronicamente. Tuttavia, non si tratta di una revisione elettronica totale. Invece, il loro terzo album si trova in un punto indefinito tra il passo evolutivo e quello rivoluzionario; mantenendo l’essenza e la personalità fondamentali del gruppo.

Il percorso è frastagliato, non lineare, si passa dall’incubo opprimente di “Sacred geometry” alla frenesia contenuta in “Clouds”, che si pone in antitesi alla canzone iniziale, in quanto il punto di osservazione è fornito da un bambino e che, dal lato sonoro, atterra in lande che hanno come riferimento la Germania degli anni ’70.

Un’opera che riflette sull’esistenza e sulla fine di essa, che ci viene mostrata sotto diverse angolature. Intrigante!!!


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