Nils Lofgren gode di tutta la mia simpatia, sarà per quell’aria dimessa oppure per quel buffo viso che non posso fare a meno di ascoltare tutti i suoi dischi. Direte voi che non è cosa impossibile vista la parca discografia considerando che è sulla breccia da oltre quarant’anni, come solista e come prestatore della sua abilità alla sei corde per mostri sacri quali Neil Young e Bruce Springsteen.
Tutte le volte che ho terminato di ascoltare un suo album non mi sento mai soddisfatto, manca sempre qualcosa, anche nei suoi lavori migliori, quelli degli anni settanta. Non discuto la sua bravura di chitarrista, ma sicuramente quella di compositore.
A otto anni di distanza da “Old School”, approfittando della pausa concessa dal Boss ai suoi accoliti, Nils Lofgren pubblica un nuovo album solista: “Blue With Lou”. Il lavoro ha una storia interessante alle spalle. Siamo al termine del 1978 e Nils è in studio con il produttore Bob Ezrin per pubblicare il disco “Nils” che uscirà nell’anno successivo. Lofgren compose anche alcune canzoni in compagnia di Dick Wagner, ma aveva problemi con la stesura dei testi e cercava qualcuno che lo potesse aiutare. Ezrin gli suggerì di contattare Lou Reed, personaggio che non ha grandi difficoltà a scrivere liriche. Si incontrano nell’appartamento di Lou, conversano amichevolmente e il nostro gli lascia una dozzina di brani a cui mancano i versi. Passano settimane e, finalmente Reed telefona a Nils comunicandogli che ha terminato il compito che si era riservato di svolgere e gli detta le parole attraverso la cornetta telefonica. Di questi tredici pezzi, tre se li prese lo stesso Reed per il suo album del 1980 “The Bells” (“Stupid Man”, “City Lights” e “With You”), altri tre finirono sul già citato “Nils” (“A Fool Like Me”, “I’ll Cry Tomorrow” e “I Found Her”) ed altri due li ritroveremo su due album successivi di Lofgren, “Life” su “Damaged Goods” (1995) e “Driftin’ Man” su “Breakway Angel” (2002).
I rimanenti cinque pezzi vengono ora utilizzati per il suo nuovo disco, che vuole essere una sorta di omaggio all’ex Velvet Underground, oltre a scriverne uno dedicato a lui e ad offrire una sua rilettura di “City Lights”.
Il lavoro risulta essere uno dei migliori del nostro chitarrista, anche se rimangono i difetti di fondo cioè qualche limite dal punto di vista del songwriting e il fatto che madre natura lo ha dotato di una voce sì intonata, ma un po’ monocorde e scarsamente dotata di sfumature.
Prodotto da Nils con la moglie Amy, l’album è stato registrato in presa diretta dal nostro con una configurazione a trio, molto essenziale, dove però i compagni di lavoro sono Kevin McCormick al basso ed Andy Newmark alla batteria, cioè due musicisti con un pedigree da far invidia a tanti. Il suono che esce dai solchi è secco ed essenziale, caratteristica che contraddistingue le opere registrate in presa diretta in studio. Belli i controcanti, sia maschili che femminili, che danno profondità alle canzoni.
La composizione più rappresentativa risulta essere “Too blue to play”, ballata lunga e lineare con una melodia azzeccata ed una superlativa performance chitarristica.
Altro momento da ricordare è “Dear Heartbreaker”, dedicata al mio amato Tom Petty, rock ballad ottimamente suonata e dalla scrittura solida, forse carente nel feeling.
La rilettura di “City lights” e virata in levare con il sax di Brandford Marsalis a completarla e a renderla con una veste lontana da quella di Reed, ma piacevole e ottimamente eseguita. “Pretty soon” altra ballata, velata di tristezza, sound folk-rock elettroacustico e splendidi riff di slide guirtar (in sottofondo uno stile che richiama quello del Boss).
Gradevole anche “Talk Thru The Tears” altra ballad, questa volta pianistica (piano suonato da Nils), ritmo cadenzato e chitarre sempre sopraffine e un coro maschile in sottofondo di stampo ecclesiastico che crea un deciso contrasto con la strumentazione decisamente rock.
Che dire, un album non fondamentale, ma onesto e sincero, al giorno d’oggi può bastare!!!


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