MASAKI BATOH- “Smile Jesus Loves YOU”Nuovo album in solitaria per Masaki Batoh, già voce e chitarra del gruppo psych giapponese dei Ghost e del supergruppo The Silence, con membri di entrambe le band che appaiono qui come ospiti. Orgogliosamente registrato esclusivamente in analogico, “Smile Jesus Loves YOU” è cantato in tre lingue (giapponese, inglese e spagnolo). Il titolo dell’album non deve far pensare a incursioni nella religiosità occidentale, ma a un’amara riflessione politica sull’inadeguatezza dei leader contemporanei. Ha vissuto già quelle che potremmo definire diverse carriere. Dopo l’esperienza psych declinata rock con i Ghost e poi quella declinata folk nel supergruppo The Silence, Batoh ha sperimentato con la musica sfruttando le onde cerebrali (“Brain Pulse Music”) e prodotto almeno un capolavoro psych-folk in compartecipazione con la svedese Helena Espvall (“Overloaded Ark”).

È un’uscita che sorprende perché avviene ad un anno di distanza da un disco, “Nowhere”, che era risultato abbastanza deludente, per cui si credeva che il nostro avesse bisogno di più tempo per ricaricare le pile. Ora non è che la nuova fatica sia un’opera indimenticabile, ma sicuramente Masaki sembra maggiormente a fuoco mettendo a disposizione dell’ascoltatore tante idee. Ci si accorge del fatto fin da subito con la title track una traccia di notevole durata e progressiva nel suo svolgersi. La partenza è caratterizzata da flauti quasi rinascimentali per poi addentrarsi in uno stle prog jazz la cui strumentazione si arricchisce di sassofoni, banjo, mellotron ed approdare ad un’oasi di classicità pianistica.

La cifra stilistica di Batoh è sempre stata quella di unire come puntini tradizioni apparentemente lontane. Prendete un brano come “Sarabanda”, una composizione classiccheggiante per chitarra sola. La sarabanda è una danza in tre che ha le proprie origini nel Guatemala o nel Messico precoloniale, ma che durante il ‘Siglo de Oro’ attraversa l’Atlantico da ovest a est, per diventare una forma utilizzata da svariati compositori colti europei, da Bach a Britten, come una sorta di vendetta: una forma folklorica che si insinua nei salotti e nei teatri della raffinata aristocrazia di Vienna e Londra, Madrid e Monaco. Ma non è il brano migliore e più interessante, perché lo supera “Pobrecito mi cigarro” una composizione di uno dei miti personali del giapponese, Atahualpa Yupanqui, argentino metà basco e metà quechua. Senza stravolgimenti, ma limando e traducendo il testo in giapponese, Batoh la trasporta in un’altra dimensione, dove lo spirito di John Barleycorn e quello del folklore andino parlano la stessa lingua. Si può scavare anche in “Speculum” per abbeverarsi tra le corde acustiche dell’ ex Ghosts e le percussioni di Hiroyouki Usai.

Si giunge finalmente alla traccia dotata di maggior ispirazione, “Uzumaki no momento”, con introduzione da parte di una lap steel e dal tocco percussionistico di Usai.

Masaki Batoh ci offre una chiave che apra le porte della percezione, sta a noi afferrarla!!!


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