MARKUS FLOATS- “Third Album” cover albumMusicista canadese già coinvolto in formazioni di stampo indie-rock (The Incandescence, Audacity, Food Not Bombs) e attualmente collaboratore dell’intrigante band synth pop Elle Barbara’s Black Space come del combo punk Neighbour’s Guitar e della travolgente Egyptian Cotton Arkestra, cita tra le proprie ispirazioni Fennesz e Prince ed è noto anche per un tatuaggio ispirato da un brano dei Minutemen. In realtà le ripetitive cellule ritmiche di questo suo lavoro in solo lasciano intravedere similitudini con il minimalismo seriale di gente come Philip Glass – pensiamo al classico “Einstein on The Beach” – e Terry Riley.

Tutte premesse che per molti versi risultano fuorvianti per chi provi a immaginarne la propensione artistica, essendo il progetto del musicista di Montreal un interessante mix di forme astratte di elettronica, jazz e post-rock, elementi che giustificano l’approdo in casa Constellation in occasione del terzo capitolo discografico.

Arpeggi elettroacustici, crescendo emotivi glaciali, stratificazioni melodiche dal respiro ampio e mai claustrofobiche, drone elettronici che si accodano con modalità organiche, non casuali: questa è l’elegante architettura dei landscape sonori di Markus Floats (attuale moniker di Markus Lake), registrati in gran parte con laptop e smartphone.

Elemento distintivo di “Third Album” è la predilezione per un senso del movimento indolente, naturale. Si apre con “Forward”, il quale si poggia su un’apparente improvvisazione, facendone il carattere costitutivo. Il brano si articola su due diversi e complementari registri linguistici: una storia raccontata in maniera lineare, rassicurante, sulla quale si innesta un dialogo improvvisato con l’organo, il quale dà al brano una certa drammatica dinamicità. In “And” gli impulsi sonori sembrano inseguirsi fino a giungere ad un punto in cui non sono più in grado di proseguire dalla stanchezza, verso la metà della traccia riprendono vigore, modificano il percorso per dare origine a suoni differenti. ”Always” riporta alla mente, più di ogni altro pezzo, la minimal music anni ’70, con la sua sperimentale circolarità. “Moving” è un requiem digitale nel quale la presenza di archi caratterizza il brano con una dimensione orchestrale e solenne.

L’approccio di Floats è oscuro, ipnotico, alterna momenti di rigorosa struttura narrativa a momenti “free” ma mantenendo una profonda coerenza concettuale riscontrabile solo in alcune opere di sound art contemporanea.

Un esperimento davvero coinvolgente e fluttuante, a dimostrazione della sempre solerte qualità di casa Constellation!!!


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