Sentendolo cantare non sembrerebbe un giovane di poco più di vent’anni, ma un uomo amante dei vizi alcolici e navigatore della notte. Nel nuovo album del chitarrista c’è un cambio di direzione rispetto ai dischi fino ad ora prodotti con la band. Probabilmente ciò è dovuto al lavoro in sede di produzione di Dan Auerbach dei Black Keys. Il disco è una raccolta di 12 tracce, tutte scritte da King e Auerbach con cantautori come Pat McLaughlin, Paul Overstreet e Ronnie Bowman, composizioni che hanno preso solamente tre giorni per essere scritte. Le atmosfere sono nettamente mutate, si è cercato di dare risalto alla voce di Marcus, così vetrosa e personale, lo stile è più orientato al country soul che non al micidiale blend di southern rock che lo aveva caratterizzato nelle opere precedenti. Probabilmente non essere accompagnato dalla sua usuale band, ma da strumentisti abituati a prestare servizio negli studi di registrazione quali il tastierista Bobby Wood, il batterista Gene Chrisman, e il bassista Dave Roe ha portato al risultato di “El Dorado”, che è stato registrato nello studio Easy Eye Sound di Auerbach a Nashville, dove ora risiede King.
Vi avverto non dovete aspettarvi un sound muscolare, ritmo a manetta ed assoli chitarristici strazianti, ora c’è più levigatezza e morbidezza, oserei dire che il nostro si è fatto maggiormente raffinato. È un’esplorazione molto contemporanea nei territori del rock classico, del blues, del southern R&B e del country-soul, dove il suono tagliente e delicato delle chitarre acustiche e pedal-steel convivono con l’urlo roco e gli assoli dirompenti delle chitarre elettriche.
Quindi non mancano del tutto gli umori ruggenti della chitarra del leader, per esempio il pezzo con cui è stato presentato il lavoro, “The well”, è intriso di blues fino al midollo con un train sonoro rollingstoniano, il classico brano in cui vengono passate in rassegna tutte le influenze d Marcus, ma è un lampo che non trova seguito. Forse “Say you will” suona dannatamente rock con una bella parte della sei corde nel mezzo.
Riguardo al lavorare con Marcus, Dan afferma: “… è da molti conosciuto come fenomeno della chitarra, il che è senz’altro giusto: non c’è da discutere, è il migliore. Io sono rimato strabiliato anche dal suo modo di cantare – senza sforzo, con un’anima soul senza compromessi che va dritta al cuore. Ma è anche un compositore di grandi capacità, come dimostrato fin dal primo momento. Tutto in lui risulta così naturale… e per questo è in grado di arrivare al cuore di una canzone e di comunicarne l’emozione in modo tanto diretto. È davvero unico, e sono orgoglioso di aver lavorato con lui alla realizzazione di questo disco.”
Il tema generale dell’opera è quindi quella di mettere in risalto la vocalità e la scrittura di King in cui si da gran peso agli arrangiamenti, mai così misurati e precisi. Quale sia la direzione viene a galla fin dalla traccia d’apertura, “Young man’s dream”, una ballata che profuma di country, in cui il piano e la lap steel sono in grande evidenza. Le melodie sono suadenti e morbide che rendono l’ascolto appagante e sereno. È il caso della ballata sudista “Wildflowers & wine” in stile Muscle Shoals e con cori gospel di contorno, oppure “One day she’s here”, canzone soul con dosato arrangiamento di archi che fa tanto “Philly sound”. Proseguendo nell’ascolto si apprezza il country di “Too much whiskey”, molto anni settanta con un uso insistito dell’armonica, il country-soul di “Beautiful stranger” la cui atmosfera è creata interamente da una lap steel.
“El Dorado” potrebbe non piacere ai fans della Marcus King Band per via di una presenza ingombrante di momenti zuccherosi, ma sarebbe un errore perché Auerbach ha voluto fare in modo di collocarlo in un ambito musicale country-soul per l’innata qualità vocale del giovane leader.
Il mio consiglio è di porsi all’ascolto senza pregiudizi, vedrete che lo riuscirete ad apprezzare nonostante alcuni passaggi a vuoto!!!


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