Sono stati 12 mesi piuttosto intensi per il gruppo gallese di Wrexham, con membri provenienti da altre formazioni (Mother of Six, Warsisters, Baron La Croix), uno split dodici pollici con gli spiriti affini Slomatics e – soprattutto – l’invito diretto dal curatore dell’edizione 2018 del festival Meltdown: Robert Smith dei Cure.
Il gruppo è formato dalla cantante, violoncellista e tastierista Jessica Ball, dal batterista James Carrington, e dai polistrumentisti Paul Michael Davies, Wes Leon e Stuart Sinclair (chitarre, moog, basso e tastiere).
Questo loro nuovo album si smarca in maniera prepotente dalla concezione usuale di musica heavy, abbracciando caratteristiche moderne se non futuribili. La componente space è in bella evidenza e l’utilizzo di strumentazione vintage trasferisce la musica del gruppo in un inedito spazio temporale. Dagli intermezzi acustici all’uso metodico del moog, dall’influenza marcata delle colonne sonore italiane e carpenteriane, passando per mastodontici trattati doom psichedelici.
L’album si compone di sette lunghe tracce che ci fanno ascoltare una continua variazione sul tema come se membri di Black Sabbath, Paradise Lost e Ozric Tentacles si fossero dati appuntamento in una sala prove.
“The spaceshift of Ezekiel” si muove tra space-prog e metal, “Fata Morgana”, momento chiave del lavoro, inizia come un folk psichedelico quasi medioevale, per poi scatenarsi, nella secondà metà, in un sabba oscuro dalla grande elettricità.
È l’oscurità a dominare le trame, ma la voce della Ball riesce a stemperare la materia donando al suono una luminosità quasi pop nel pezzo omonimo, e di equilibrare i tentativi neoclassici nella intrigante “Five days in the abyss”.
Per gli amanti dei suoni heavy che cercano di aprirsi verso nuovi orizzonti!!!


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