LYNYRD SKYNYRD- “Last Of The Street Survivors- Farewell Tour”La scelta di raccontare di questo disco è causata più dall’affetto nei confronti della band per quanto fatto in passato, non solo fino al 1977, ma anche dopo la riunione di fine anni ottanta e per metà del decennio successivo, non certamente per quanto avvenuto negli ultimi vent’anni. Poi si tratta del tour dell’addio dalle scene registrato nel 2018, il due settembre per l’esattezza, a Jacksonville, città natale del gruppo. Della formazione originale è rimasto solamente il chitarrista Gary Rossington, poi c’è il cantante, Johnny Van Zandt, fratello di Ronnie membro fondatore e scomparso nel famoso incidente aereo del 1977. Gli altri si sono aggiunti in questi ultimi vent’anni, cioè Rickey Medlocke, chitarrista co-autore di diversi successi del passato e membro anche nella formazione del periodo 1971/1972 nonché leader e fondatore dei Blackfoot. In aggiunta a questi membri ormai storici, ci sono Michael Cartellone, batterista dal 1999 del gruppo, il talentuoso tastierista Peter Keys che ha sostituito il mitico Billy Powell dopo la sua scomparsa avvenuta nel 2009, poi Mark Matejka all’altra chitarra e Keith Christopher al basso dal 2017.
Un live splendido, emozionante, che abbraccia al suo interno tutti, ma proprio tutti i successi che la band pre-tragedia del 1977 aveva composto, incantando il mondo del rock: i nuovi Lynyrd sono consapevoli che è quella l’eredità della band, quelli sono i pezzi da riproporre al pubblico, quelli che hanno segnato la storia della musica e lasciano ai pezzi nuovi ad un ruolo marginale, come deve essere in serate come questa (due per l’esattezza).” Workin for MCA”, non lascia spazio a dubbi: suonano e lo fanno ancora alla grande!
Segue ”Skynyrd Nation”, potente e rock, con un riff incalzante e le voci di Van Zant e Medlocke sugli scudi… ma il concerto pare davvero iniziare con “What’s Your Name”: il southern rock accompagnato dalla tastiera di Keys fa tremare gli spalti gremiti dell’Everbank Field. Si prosegue con una sventagliata di classici di cui “Travelin’man” emoziona quasi fino alle lacrime con la partecipazione postuma di Ronnie Van Zant, la cui voce presa dal passato affianca quella del fratello regalando un duetto emozionante e toccante.
Il blues di “The Ballad of Curtis Loew”, vibrante e sporco come fosse stato scritto oggi, la struggente ballata “Tuesday’s Gone”, con i violini ad aumentarne l’intensità, il rock scatenato e i fiati che accompagnano in “Don’t Ask Me No Questions”. Ecco la mia preferita, “Simple man”, racconto di vita del sud fatta di semplicità e cose necessarie, vero e proprio manifesto del trascorrere dell’esistenza in quel di Jacksonville.
Ormai mancano solo i tre pezzi che da anni chiudono i loro concerti: il loro lascito più forte e sentito alla storia della musica rock. “Call me the breeze”, cover di un brano di J.J. Cale, è ricca di assoli con il riff che è uno dei più amati della storia del rock. Segue il manifesto del sud, “Sweet home Alabama”, con una versione che gli rende giustizia, i cori, il pubblico, le chitarre, tutto incastrato alla perfezione. Tutti conoscono il pezzo che trascende generi e gusti. Ed ora, con l’audience ancora in visibilio, parte quella epica cavalcata che risponde al nome di “Free bird”. Uno dei pezzi più belli ed importanti della storia della musica rock, con gli assolo più intensi e ispirati di sempre, dedicato al chitarrista della Allman Brothers Band, Duane Allman. La canzone è perfetta, il pianoforte, il pubblico e le chitarre che alla fine paiono non voler più lasciare il palco, intrecciate in una cavalcata assolutamente unica. Emozione a non finire e brividi lungo la schiena.
La performance è terminata, c’è spazio per i rimpianti, per quello che non sarà più, non ci sarà data un’altra band di tale portata in futuro e anche coloro che li hanno sempre denigrati per via di pregiudizi davvero tristi legati alla loro orgogliosa appartenenza al Sud degli States dovrebbero fare ammenda e ammettere quanto bravi fossero!!!


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