Nel suo terzo album l’artista continua a sfuggire alle classificazioni. Esplorati i territori post-techno e broken house, senza aver mai dimenticato jazz e funk, in ‘Dust’ è in primo piano la voce umana. Qui il cantato viene trattato come materiale sintetico, quindi campionato e frammentato come fosse un qualsiasi altro suono. Fondamentale anche la sezione ritmica, infatti collaborano numerosi percussioni, tra cui Eli Keszler (già con Oren Ambarchi, tra gli altri) vero virtuoso che si confronta con le complesse trame sonore di questo disco dalle coordinate avanguardistiche.

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