KAMAAL WILLIAMS- “Wu Hen” cover album“Wu Hen” è il nuovo album del visionario musicista di Peckham Kamaal Williams. In questa nuova pubblicazione si oscilla tra ‘celestial jazz’, funk, rap e r&b rinforzati da grime, jungle, house e garage, uno stile che lo stesso Kamaal descrive come ‘Wu Funk’. I musicisti coinvolti nel disco sono Greg Paul alla batteria (dei Kalayst Collective), Rick Leon James al basso, Quinn Mason al sassofono e come ospite alla voce il collaboratore di Kaytranada Lauren Faith. Il titolo dell’album deriva da un nome di un animale domestico della nonna taiwanese di Williams, così come una parziale inversione di Henry Wu, l’alter ego del nostro sotto il quale ha prodotto diversi EP deep house. Nato a Peckham da padre inglese e madre taiwanese, il polistrumentista entrò per la prima volta nell’industria musicale come batterista per la cantante Katy B, prima di espandersi nella scena jazz londinese. Anche se non confermato, non è una coincidenza che Wu Hen condivida una forte somiglianza fonetica con l’origine geografica del virus COVID-19, ‘Wuhan’. Dal momento che i crimini d’odio contro gli asiatici orientali che vivono nel Regno Unito sono aumentati del 21% quest’anno, forse il titolo è un atto di solidarietà e un’affermazione del patrimonio taiwanese di Williams.

Eclettico pianista/produttore/selector dalle mille incarnazioni (Henry Wu, Yussef Kamaal, K DUBZ e tanti altri) Kamaal Williams ritorna dopo “The return” del 2018 con un nuovo album e una formazione totalmente rivoluzionata. Pilastro della New Wave Of British Experimental Jazz, Williams compie qui un deciso passaggio in avanti all’interno di un personale percorso di crescita, lavorando di fino sia sugli arrangiamenti che sulla fase compositiva, smussando i nervosi spigoli del suo predecessore e conferendo maggiore rotondità e morbidezza alle composizioni.

Secondo Pitchfork, Williams ha detto dell’album “Questa è una rivoluzione della mente. Una ribellione spirituale. Per raggiungere nuove vette è necessario separarci dal mondo materiale e trovare potere in ciò che è intangibile. Questo è ciò che la musica e l’arte sono – che si tratti di un’emozione primitiva o qualcosa di profondo, lo si sente. E c’è un elemento subliminale che risuona in tutto il mio lavoro. Se stai dipingendo, è quello che senti mentre dipingi. E la persona che guarda quell’opera d’arte o ascolta quella musica, può sentirla, perché è sincera”.

Nel disco è la levigatezza a farla da padrona: ascoltate l’iniziale “Street Dreams” che da un po’ l’idea della nuova direzione di Williams, mentre in “One More Time” ci si sposta su lidi precedentemente visitati sia in “The return”, sia nella precedente avventura in combutta con Yussef Dayes (il cui batterismo fatto di velocità e ‘ghost note’ viene quasi clonato da Greg Paul). Poi si nota un grande lavoro in termini di composizione e arrangiamento nei due pezzi francesi “Toulouse” e “Pigalle”. Non bisogna dimenticare l’apporto di Miguel Atwood-Ferguson, è lui che sta dietro a brani quali “Street Dreams”, “One More Time”, l’arrangiatore di fiducia dell’etichetta Brainfeeder, colui che è alla base di opere di artisti quali Fly-Lo, Kamasi Washington, Thundercat, e non ultimo “Pyramid” dei Jaga Jazzist, appena accasatisi sulla label losangelina. Come detto all’inizio c’è spazio anche per Lauren Faith in “Hold On”, unica traccia cantata e potenziale singolo per riempire i dancefloor perché, anche se più raffinato e maturo, è da lì che Kamaal arriva e torna con piacere (ascoltate la sua recente selezione per la serie DJ Kicks).

Affrontatelo con pazienza, l’album cresce poco alla volta fino a conquistare l’ascoltatore!!!


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