HANNI EL KHATIB- “Flight”“Flight” è il quinto album per il poliedrico Hanni El Khatib, impegnato negli ultimi tre anni in collaborazioni extra con Frank Leone, De Lux e con la produzione del debutto del duo losangelino Pinky Pinky in uscita con la sua label Innovative Leisure. Una volta il The Guardian scrisse che se Joe Strummer avesse avuto origini palestinesi-americane sarebbe stato come El Khatib, più per un aspetto attitudinale che per quello dei suoni. In USA il compositore e polistrumentista è una specie di presenza onnisciente nella cultura popolare, visto che la sua musica è stata utilizzata in numerosi spot televisivi di note aziende e anche in svariate serie e programmi TV.

Il nuovo lavoro arriva a tre anni da “Savage Times” e dalle collaborazioni con Frank Leone (“Solid Gold” e “Crown”), il singolo con il duo losangelino disco-not-disco De Lux (“Power Struggle”), i due brani con l’artista messicano-americano Rudy De Anda (“Plastered Beach” e “Jealous Guy”) e la produzione dell’esordio del duo di LA Pinky Pinky. Hanni El Khatib, classe 1981, è un artista americano, ma di origini palestinesi e filippine, multistrumentista, songwriter e produttore, ma anche regista di video e socio dell’etichetta discografica californiana Innovative Leisure. Il suo secondo album del 2013 “Head in the Dirt” è stato prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys e in quell’occasione è stato definito dall’influente quotidiano inglese The Guardian ‘uno skater cresciuto a vintage rock e R&B che con il suo sporco rock’n’roll sta tenendo vivo lo spirito del ’76’. Direi che lo possiamo considerare un blend di hip-hop, soul e blues shakerato con una vena psichedelica che avvolge ogni traccia. Ed è proprio in questo caso, nel nuovo lavoro, che l’alchimia funziona come mai accaduto in passato. Il tutto viene tenuto assieme da dosi massicce di elettronica, ma anche da parecchia chitarra.

Se il primo singolo, “Alive”, lo poneva sulla scia dei moderni cantori R’n’B, tipo Usher, D’Angelo e Neptunes, il secondo estratto, “Stressy”, si agitava sospeso in una lisergica ampolla e stretto nella camicia di forza di un ritmo sincopato e sempre sul punto di esplodere. Le soluzioni lisergiche sono quelle che permeano brani quali “Carry” e “Colors”, mentre solo “Leader” offre vaghe reminiscenze arabo/mediterranee. D’ altronde mi sembra giusto che uno che è di casa sulla west coast sia poco interessato ad occuparsi di quello che accade ad est, soprattutto se parliamo poi di altri continenti.

Tra gli altri episodi degni di nota citerei la conclusiva “Peace”, che marcia sui proclami di Bob Marley e manifesta sulle arie di Beatles e Beach Boys.

Una raccolta composta da pezzi brevi e che sembrano presentarsi senza soluzione di continuità imponendo il brusco succedersi di ritmi ed emozioni come scelta estetica più che come necessità espressiva. Album dedicato a coloro che sanno apprezzare le contaminazioni e le sonorità formate da tanti pezzi assemblati insieme!!!


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