GERALD CLEAVER – ‘Griots’ cover albumQuesto è un asso! Il prolifico batterista jazz di Detroit/NYC Gerald Cleaver serve un ottimo secondo album di musica elettronica, che ricorda Sun Ra, Terrence Dixon, Pekka Airaksinen, Dennis Weise. Con la dichiarazione ‘È molto importante per me sottolineare l’importanza di Tribe. La comunità è tutto’ Gerald Cleaver rende omaggio all’importante scena musicale elettronica della sua città natale, Detroit, dove ha avuto anche una forte influenza dai suoi decenni passati a suonare in una miriade di costellazioni jazz di New York – suonando le pelli accanto a leggende tra cui Roscoe Mitchell, William Parker, Wadada Leo Smith, Marcus Belgrave, Lou Reed.

Questo nuovo disco conferma quanto lontano musicisti creativi abbiano sviluppato dalla comparsa di drum machine, stazioni di lavoro di musica e sintetizzatori modulari software. Un batterista di professione, Cleaver può essere ascoltato in innumerevoli ensemble tra cui quelli di Ivo Perelman, Chris Lightcap, Steve Swell e Tomasz Stanko, solo per citarne alcuni. La sua arte è sbocciata oltre la sedia della batteria, guidando i suoi gruppi e tuffandosi recentemente nell’elettronica. In precedenza ha pubblicato “Signs” (577 Records, 2020) completamente elettrico, che è stato remixato come “Signs Remixed” (Positive Elevation, 2021) del produttore hip hop Hprizm della band Anti-Pop Consortium.

Possiamo notare l’evoluzione di Cleaver e dell’elettronica situando l’incursione del collega batterista Jack DeJohnette nei sintetizzatori con la sua pubblicazione del 1989 “Zebra” (MCA Records). Laddove “Zebra” suona ampolloso e arcaico come il videogioco Pong, “Griots” offre una fusione mentale tra uomo e macchina.

Cleaver manipola la sua elettronica invece di essere da essa manipolato. La musica dà l’impressione che sia un’estensione del lavoro di Gerald come Farmers By Nature con Craig Taborn e William Parker. Mentre quel trio è un franchise liberamente improvvisato e “Griots” è l’esperimento di un uomo nella stratificazione del suono, c’è dinamismo e spontaneità inaspettata in questa musica.

Laddove molta musica elettronica manca di vitalità, questa la trasuda. Chiamiamola la risposta del batterista alla pandemia di Covid-19. Al multiplo attacco percussivo di “Cooper-Moore” si contrappone lo spazio e l’ampiezza di “Bond”.

Il nostro ha programmato questa opera per fluire senza impedimenti; i suoni glitch di “Tribe” si abbinano alle campane e ai rintocchi pulsati di “Remembrances (for Mom)”. Joe Zawinul sarebbe geloso delle scoperte che Cleaver fa con la marcia “Victor Lewis” e anche la luminosità di “Geri Allen”. Anche se “Galaxy Faruq (for Faruq Z. Bey)” evoca la musica dei Kraftwerk, Gerald sta facendo musica, invece di catturare algoritmi su nastro.

Anche se questa è un’uscita da solista, le due collaborazioni con campioni di David Virelles e Ambrose Akinmusire si distinguono come punti salienti e forse è perché gli ascoltatori considerano Gerald Cleaver un animale sociale di prim’ordine!!!


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