FLOATING POINTS/PHAROAH SANDERS & THE LONDON SYMPHONY ORCHESTRA: “Promises” cover album“Promises” è composto da nove brani e segna la prima nuova musica della leggenda del sassofono jazz Sanders in più di un decennio.

‘Il Faraone’ ha collaborato con Floating Points, vero nome Sam Shepherd, e la London Symphony Orchestra in questo nuovo lavoro. È l’incontro di due mondi sicuramente distanti (ma non così tanto come si possa pensare), che si sono rincorsi per anni e che, finalmente, hanno chiuso il cerchio. Accanto ai due si esibisce la London Symphony Orchestra e la copertina è faccenda dell’acclamata artista americana Julie Mehretu.

L’anno scorso, l’etichetta parigina Transversales Disques ha ristampato del materiale dal vivo di Sanders come “Live in Paris” (1975). L’album più recente di Floating Points è stato ”Crush” del 2019. In seguito Shepherd ha remixato “Sister” e “Never Come Back” di Caribou.

Hanno inventato un vero gioiello: un vortice di musica jazz, classica ed elettronica. Sebbene sia solo una traccia, della durata di 46 minuti, la spontaneità di questa registrazione inietta un’accattivante autenticità nel disco. Una performance abitata, che si interseca con lo spazio Floating Points che lascia, invitando l’ascoltatore a intraprendere un viaggio pieno di sogni. Sam Shepherd definisce la sua collaborazione con Pharoah Sanders come segue: ‘Siamo entrambi ricercatori. Siamo sempre alla ricerca di musica che possa portarci da qualche parte più in alto’.

Per quanto riguarda Pharoah, ha commentato: ‘La gente pensa che non parli molto, ma cerco di dialogare attraverso la mia musica’. La grande figura del jazz americano ha lasciato anche commenti sul suo collaboratore: ‘Penso che Sam sia un grande musicista, e uno di questi geni che gironzolano su questa terra. Amo il modo in cui suona e amo il modo in cui scrive’. Shepherd ha ricambiato il complimento: ‘C’è qualcosa nel sassofono, nel modo in cui amplifica il respiro del musicista che lo fa sentire come se fossi nel loro corpo. Ascoltando il faraone suonare su questo pezzo, è stato come se lo strumento fosse un’estensione del suo essere, come se fosse un megafono per la sua anima’.

Nonostante la crisi sanitaria, la London Symphony Orchestra ha potuto prendere parte alla sessione di registrazione che si è svolta nel mitico studio AIR di George Martin durante l’estate del 2020. Pur rispettando le distanze sociali, i musicisti mascherati hanno utilizzato un centinaio di microfoni per portare gli arrangiamenti di Floating Points in vita. Definisce questo momento particolare come segue: ‘Il suono di quell’orchestra che suona con così tanto spazio tra loro sembrava una manifestazione udibile dei tempi che stavamo vivendo. Era ampio e distante e sciolto, e non appena li ho sentiti suonare, è stato come l’ultimo pezzo di un puzzle che andava a posto’.

Sono nove movimenti che si susseguono per una durata di quarantasei minuti, una sequenza liquida di note che sembrano provenire da un clavicembalo che prende corpo in una dimensione astrale. Lo si potrebbe definire un ‘minimalismo spirituale’, in cui ciò che conta veramente è il silenzio che si percepisce ogni attimo seguente al termine di ogni nota.

Un sensibile e commovente abbraccio cerebrale in dimensioni altre!!!


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