Era l’autunno del 1985, il mio negoziante di fiducia mi propose due cofanetti di personaggi di cui conoscevo solo il nome, Nick Drake e Sandy Danny. Vi lascio immaginare la mia reazione all’ascolto dei due musicisti… Estasi, turbamento, introspezione…  in una parola, magia. Per un paio d’anni cominciai a dedicarmi alla ricerca di musica che mi potesse dare le stesse emozioni ricercando nell’ambito del folk britannico. Ovviamente non potei fare a meno di addentrarmi nel mondo dei Fairport Convention, forse la miglior band del folk inglese. Il gruppo si formò intorno al 1967 ad opera di Richard Thompson, Ashley Hutchings,  Simon Nicol e Shaun Frater, ben presto sostituito da Martin Lamble. Entrò successivamente in formazione anche la cantante Judy Dyble. La loro fortuna si materializzò nella persona di Joe Boyd che li permise di firmare per la Island Records. All’inizio vennero definiti i Jefferson Airplane d’Inghilterra. Nei primi due dischi, molte le cover presentate che portano a Joni Mitchell, Bob Dylan ed Emitt Rhodes. Nel 1969 Sandy Danny sostituì la cantante Judy Dyble, il suono comincia ad essere più personale, e nonostante cambi di formazione, il gruppo comincia a sfornare pezzi autografi di gran livello, quali ‘Meet on the Ledge’ e ‘Fotheringay’. Furono pubblicati i due grandi capolavori del gruppo, ‘Unhalfbricking’ e ‘Liege & Lief’, con i quali la band trova la formula magica del folk rock elettrico.
Come sempre, è però del disco successivo che vi voglio parlare, l’eccellente ‘Full House’. Siamo nel 1970, e i Fairport vedono la defezione di Sandy Danny, che formerà con il marito i Fotheringay, e Ashley Hutchings, che darà vita agli Steeleye Span, ed in seguito al progetto Albion Country Band, continuando la ricerca e riscoperta della musica tradizionale inglese. Al posto di Ashley entra Dave Pegg, mentre la Danny non verrà sostituita. L’album si conferma qualitativamente su livelli vertiginosi, grazie ad un solido impianto strumentale e a brani di eccellente qualità, per merito di Thompson e del violinista Dave Swarbrick che si accollano anche le parti vocali. Non sono all’altezza della Danny, ma si completano vicendevolmente e si amalgamano alla perfezione. L’esempio è rappresentato dal mid-tempo ‘Walk Awhile’, con lo stupefacente violino di Dave in gran forma. È ancora protagonista in ‘Doctor Of Physick’, una canzone dura con il cantato insolitamente sopra le righe. Ci sono un paio di strumentali ‘Dirty Linen’ e ‘Flatback Caper’ che ancora una volta sono dei traditional arranged, che danno l’esempio del livello di compattezza ed amalgama strumentale che i nostri hanno raggiunto. Ma è con la lunga e dilatata ‘Sloth’, di oltre nove minuti che si raggiunge l’apice del disco. È un brano che cresce lentamente, ipnotico, con atmosfere che ci trasportano ancora verso la West Coast. Grande protagonista è Thompson che dimostra cosa significhi fare un assolo di chitarra, centellinando le note ed usando solo quelle necessarie, ci entra sottopelle per assestarci vibrazioni magiche.
Accostatevi a ‘Full House’, sono certo che diventerà un vostro must.

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