Era il 2014 quando feci la conoscenza musicale di Ezra Furman. Devo ringraziare la rivista specializzata inglese UNCUT che, grazie al cd sampler che viene mensilmente allegato, mi permise di provare un gran godimento nell’ascolto del brano ivi contenuto.
Non lo avevo mai sentito nominare per cui iniziò la solita trafila cioè reperimento di informazioni in rete, visione della discografia, e acquisto dei dischi fino ad allora pubblicati.
Ezra è un musicista e songwriter americano di origine ebraica e, al 2014, aveva inciso a suo nome due album “Day of the dog” e “Year of no returning” che conteneva il pezzo di cui mi ero invaghito.
A questo punto vi domanderete che musica fa il nostro Furman. Del semplice rock’n’roll virato al punk, ma dotato di tale e tanta energia e con un tiro estremamente catchy da lasciare senza fiato.
Durante la sua carriera solista è sempre accompagnato da formazioni di supporto che spesso cambiano dai The Harpoons ai Boy-Friend che nel nuovo lavoro prendono il nome di he Visions.
A quale scopo tutti questi cambiamenti? Forse per incuriosire un pubblico che bada più alla forma e agli effetti speciali che alla sostanza.
È di questi giorni l’uscita della nuova fatica del nostro dal titolo “Transangelic exodus”.
Si tratta di un’opera che l’autore definisce “un misto di fiction e memoria vera a metà”, cioè una storia d’amore con un transgender angelico, una creatura a cui sono cresciute le ali per cui diventa oggetto di derisione e allontanamento da parte dei poteri forti e di panico per coloro che credono che questa trasformazione sia contagiosa. Da qui il concetto di fuga, di exodus e dello scontro politica, amore, religione e sessualità da cui nasce la sua musica.
Dal punto di vista sonoro il rock’n’roll è la forma scelta anche in questa occasione, ma si unisce a suoni decisamente e consapevolmente disturbanti, una resa lo-fi che è sia protagonista che di contorno come nella splendida “Maraschino – red dress $ 8.99 at Goodwill”.
La struttura dei brani non è lineare e tronca, ma piuttosto una sequenza senza soluzione di continuità per dare forza alla storia quasi che fosse un album-concept.
Notevole è pure la varietà dei registri canori che gli permette di variare i toni dal fiero al collerico, dall’isterico al languido.
Ho udito, all’ascolto diversi legami con situazioni musicali del passato, dal Bowie di “Diamond dogs” in “No place” al Jonathan Richman nell’iniziale “Suck the blood from my wound” e persino Costello nel brano “Love you so bad”.
Su tutte si stagliano l’irresistibile “Psalm 151” e la irriverente “I lost my innocence” in cui il nostro canta con atteggiamento malinconico.
Un disco immediato nel suono e profondo nei testi, non fate l’errore di ignorarlo.

Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *