A sorpresa esce, a distanza di otto anni dal precedente, il nuovo disco di Efrim Manuel Menuck.
Il nome non vi dice nulla??? E se vi suggerissi che si tratta dell’eminenza grigia della Constellation e di almeno due band quali i Godspeed e i Thee Silver Mt. Zion’?
Non solo musicista, ma anche produttore ed ingegnere del suono nonché collaboratore di tanti musicisti sia a Montreal che all’estero.
Efrim nasce a Montreal da un padre medico e una madre infermiera, per poi trasferirsi ancora piccolo a Toronto. Durante la sua adolescenza fu un senzatetto e nullafacente e fu anche colpito da un esaurimento nervoso all’età di vent’anni.
Queste disavventure hanno sicuramente influito sulla sua personalità e di conseguenza anche sull’attività di musicista, soprattutto in termini di liriche.
Il suo stile viene descritto come poetico anche se gli argomenti trattati si muovono tra paura e solitudine e situazione socio-politica non solo del Nord-America, ma di tutto il mondo. Spesso i testi riferiscono di anarchia (lui stesso, in un’intervista, si è così definito) e punti di vista contro la guerra e pure le copertine dei dischi sono dei richiami forti di queste situazioni.
Manuel possiede lo studio Hotel2tango, nel quale si registrano gli album Constellation, ma si tengono pure concerti.
La sua tecnica alla chitarra è sicuramente originale ed in continua evoluzione. Fa largo uso di delays analogici, utilizza effetti, nastri manipolati ed in generale è agli antipodi di tutti coloro che si servono di Pro-Tools e DSP.
Il nuovo parto, “Pissing stars”, ancora una volta, ci fa sapere che Menuck non ha nessuna intenzione di ammorbidire i toni della sua musica. Anzi ci si accorge che, rispetto agli ultimi dischi con i Godspeed, c’è un ritorno a quelle scorie sonore da tempo accantonate.
“Kills v. lies” è infettata dai found tapes, mentre la voce del figlio (che appare in copertina) si inserisce nei cori di “Black flags ov thee holy sonne”.
Efrim canta nella maggior parte dei brani sottolineando l’estetica DIY che ha connotato la sua musica.
Ci sono un paio di pezzi di rock quasi tradizionale quali “A lamb in the land of payday loans” e “LxOxVx/Shelter in place” quasi una ballata per drones con una coda strumentale roboante e magnetica.
Le atmosfere sono tetre e gli arrangiamenti scarni e sperimentali con utilizzo di drones, percussioni secche ed organi riverberati. Il tutto procede ad ondate e nei momenti di piena si creano quei crescendi emotivi che gli estimatori dei Silver Mt. Zion ben conoscono.
Un lavoro intimo e spirituale, forse un po’ prevedibile per chi lo segue da tempo, ma in grado di regalare momenti di stupefacente intensità.

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