DIRTY PROJECTORS: “5 EP’s” cover albumL’album che raccoglie tutti gli EP che i Dirty Projectors hanno pubblicato solo in digitale dal febbraio 2020 a oggi. Ogni EP ha dato voce ad un diverso membro della band, accompagnandola con la musica prodotta da Dave Longstreth: il folk esistenziale di “Windows Open” cantato da Maia Friedman, il future soul di Felicia Douglass in “Flight Tower”, le melodie infinite di Longstreth in “Super João”, e i glitch orchestrali ricomposti di “Earth Crisis” con Kristin Slipp. “Ring Road” è l’ultimo EP uscito e presenta il sound dinamico della band, intrecciando le trame emotive e sonore dei precedenti quattro in un insieme di chitarre, interazioni vocali e ritornelli orecchiabili. Friedman, Douglass, Slipp e Longstreth si scambiano strofe e armonie; il batterista Mike Johnson conduce con arrangiamenti propulsivi.

I Dirty Projectors non si possono definire un gruppo che ha seguito una strada univoca in campo musicale.

Agli inizi erano una band indie con solide basi folk e orchestrali che cerca influenze fuori dai confini, che siano l’Africa filtrata dalla world music oppure spruzzate di attitudine bucolica tra i Pink Floyd e (vagamente) Canterbury. La vetta artistica di questa prima fase è rappresentata dall’LP “Swing Lo Magellan” del 2012, che rimane anche l’ultimo disco come formazione vera e propria.

Poi la rottura, personale e artistica con Amber Coffman, fa evaporare il concetto di band e David Longstreth diventa l’unico musicista dietro al moniker. Il disco rappresentativo di questa fase, completamente autarchico, è “Dirty Projectors”, arrivato a cinque anni di distanza dal precedente. Lo si scriveva allora e lo possiamo confermare oggi: è un’idea di one-man-band più ospiti, dove, a fianco di Joni Mitchell, viene collocato il santino di Missy Elliot.

Ciò che avrebbe potuto portare alla fine del percorso artistico dei nostri fu, invece, un nuovo modo di pensare alla vita di gruppo che si esemplifica con l’album “Lamp Lit Prose” del 2018, che da forma alla passione di David per l’r’n’b, ma riequilibrava la miscela con iniezioni di antico folk e pop tout-court.

Questo riassunto è stato necessario per capire nel complesso questi 5 EP usciti nel corso del 2020, perché per almeno una parte sono un riannodare alcuni di questi fili.

Tra lockdown e distanziamenti sociali, l’idea della band (che adesso comprende, oltre a Longstreth, Felicia Douglass, Maia Friedman, Mike Daniel Johnson e Kristin Slipp) è di affidare brani dal mood completamente diverso a un membro del gruppo, per poi trovare comunione definitiva nell’ultimo pugno di brani, in cui tutto si sarebbe amalgamato, dando i natali – almeno nelle intenzioni – della nuova incarnazione dei Dirty Projectors.

Il mondo esterno è profondamente mutato, ci sono nuove preoccupazioni (ecologia, pandemia) per cui è giunto il momento di ripartire con nuove prospettive. Si può iniziare facendo le cose di sempre, ma da un nuovo punto di vista. In definitiva è quello che i Dirty Projectors hanno fatto con questa nuova uscita, un album che mostra come anche quel pop barocco, arty e accusato di superficialità può essere impegnato!!!


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