Sono ormai 35 anni che Joe Camilleri e la sua band calcano le scene musicali, purtroppo senza riscuotere grandi consensi al di fuori di un ristretto nucleo di fedeli appassionati.
La formazione si formò nel lontano 1983, in Australia, grazie al cantante e anche saxofonista e chitarrista Joe, il quale proveniva dai Jo Jo Zep & the Falcons. Si dice che Camilleri, con questo nuovo lavoro, abbia toccato la ragguardevole cifra di 49 album pubblicati nelle sue varie incarnazioni.
“Citizen John” è co-prodotto da Joe e dal fido John McCall, pure tastierista del gruppo, ed è composto da una decina di nuovi brani autografi e tre cover che danno l’idea di quanto i Black Sorrows siano eclettici.
Nella descrizione mi piace l’idea di cominciare dai brani altrui per dare le coordinate sonore in cui l’opera si muove. Bella l’interpretazione di “Do I move you” di Nina Simone, in una riuscita resa in cui i nostri mettono in mostra una grinta d’altri tempi con l’arrangiamento che poggia su armonica, chitarra e piano. Solida ed elettrica.
La scelta di Dylan cade su un brano piuttosto sconosciuto, “Silvio”, tratto da “Down in the groove, sicuramente non tra i più riusciti del grande cantautore di Duluth. L’interpretazione ne offre una versione roots che vede la slide di Claude Carranza in grande evidenza con voci di sottofondo molto presenti ed un impianto sonoro elettroacustico in cui organo e sei corde acustiche colorano il tutto in modo rurale e divertente.
“Sitting of the top of the world” appartiene alla tradizione del blues, anche se in molti la accostano quasi sempre ad Howlin’Wolf. La traccia suona in modo intenso ed intimo allo stesso tempo grazie anche ad un flauto che sostituisce l’armonica.
L’iniziale “Wednesday’s child” mi colpisce nel profondo perché mi fa tornare in mente l’amato Willie Deville, quello che mostra le sue radici blues. Camilleri sfodera una interpretazione vocale di primordine, scura e ricca di feeling, che si scontra con le voci di supporto mentre il tessuto sonoro suona blues intriso fino al midollo.
Non può mancare la ballata soul, uno dei marchi di fabbrica dei Black Sorrows. “Lover I surrender” conferma la classe e il carisma di Camilleri. “Messiah” si muove in chiave gospel e mette in mostra la bravura di Carranza che rilascia una splendida performance chitarristica. Il nostro mostra le sue qualità compositive in “Storm the Bastille” dove assistiamo ad un eccellente lavoro di violino e mandolino che colorano di roots la slide del solito Carranza. Brano che dimostra, una volta di più, l’ecclettismo del leader.
Fiati protagonisti nella riuscita ballata “Way below the heavens” in cui tromba e violino si affiancano per dare risalto ad un impianto di ispirazione celtica che ricorda Van Morrison, altra fonte di ispirazione di Camilleri.
È il momento di uno swamp blues alla Tony Joe White con uso di fiati ed un call and response insistito tra Joe e la splendida Sandy Keenan che rendono ancor più speziato il brano nel quale spiccano già un piano elettrico ed un assolo di sax di Wilbur Wilde.
“Brother Moses sister Mae” è un divertito intermezzo di jazz anni trenta con protagonista una nuova sezione fiati, The Horns Of Leory, che ci catapulta in qualche localaccio di New Orleans nel periodo della Grande Depressione.
L’album prosegue tra blues notturni e soffusi, “Nothin’ but the blues”, tra la latinità alla Deville di “Month of Sundays” ancora in grado di farci vibrare, e il classic rock di “Worlds away” brillante e legata al blues grazie al chitarrismo che la caratterizza.
Questi lavori non cambieranno la vostra esistenza, ma sono in grado di donare una gioia di vivere contagiosa che non stona affatto nel momento storico in cui ci troviamo, nostro malgrado, ad essere protagonisti!!!


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