Chi è Beck? Il genio della lampada o il più grande cazzone della storia della musica?
Probabilmente la risposta sta nel mezzo e lo possiamo definire una delle figure più importanti della musica alternativa degli anni ’90: ha esteso i confini del rock e creato una mistura musicale i cui ingredienti erano il folk, il blues, il rock, l’hip hop, il funky, la bossanova. Un cocktail mai udito prima, soprattutto in ambito mainstream. Divenne fin da giovanissimo l’idolo della X-Generation. Beck Hansen nasce nel 1970 a Los Angeles, il padre è un musicista bluegrass, la madre un’attrice del giro della Factory di Andy Warhol e il nonno uno dei principali esponenti del movimento Fluxus. Non è difficile immaginare la sua fanciullezza ed adolescenza immerse nella musica, inoltre il vivere nella Città Degli Angeli lo porta in contatto con una multietnicità che ne determina l’apertura mentale. Il nostro ama il blues ed il folk e a diciotto anni si trasferisce a New York senza un soldo ma con tante idee che mette a frutto grazie al contatto che riesce ad instaurare con la cosiddetta scena anti-folk della Grande Mela. Ritornato all’ovile si rifugia in casa a comporre pezzi su pezzi senza alcuna preclusione mentale. Il punto di partenza sono i suoi amori giovanili per il folk ed il blues, ma viene passato in rassegna di tutto. Beck non fa in tempo a nascere come fenomeno underground perché una sua composizione, ‘Loser’, registrata nel 1991 e pubblicata come singolo in poche copie nel ’93, lo rende immediatamente una superstar. Firma con la Geffen un contratto che gli consente di pubblicare dischi anticommerciali per etichette indipendenti. Nel ’94 esce ‘Mellow Gold’, un album senza alcuna cifra stilistica ma un’esplosione di suoni e colori. Oltre a ‘Loser’ ci sono tanti altri pezzi che mischiano folk, psichedelia e hip hop che lo rendono un classico. Per circa un decennio sembra baciato dalla dea dell’ispirazione ed escono dischi fantastici, da ‘Odelay’ a ‘Mutations’, da ‘Midnite Vultures’ a ‘Sea Change’. Successivamente alterna buone cose ad altre facilmente ovviabili. Il prossimo tredici ottobre è previsto in uscita il nuovo lavoro ‘Colors’. Sarebbe dovuto uscire l’anno scorso anticipato dal singolo ‘Wow’ ma non se ne fece nulla forse perché l’artista losangelino non era pienamente convinto. Si è messo a lavorare su brani che risalivano addirittura a quattro anni fa cercando di renderli omogenei con quelli più recenti. Le canzoni sono complesse e stratificate, le melodie sembrano perfette, con toni e modi meno riflessivi ma più densi e caleidoscopici. ‘Dear Life’ unisce i Beatles più pop con un Elliot Smith più solare, il piano ed il falsetto di ‘Square One’ sono una ventata d’aria fresca, si avvertono le chitarre dei Police in ‘No Distraction’ ma orientate per gli adolescenti di oggi. Echi di rhythm’n’blues in ‘Up All Night’.
In definitiva un disco che può piacere o lasciare insoddisfatti a seconda del proprio umore, di certo un disco meno riflessivo del precedente, più pop, in cui il nostro si diverte a sperimentare con i suoni.

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