Nuovo album della celebre cantante Saharawi cresciuta in un campo profughi in Algeria. “Sahari”, quinto disco di Aziza esce per la prestigiosa Glitterbeat.
Il nuovo lavoro di Aziza Brahim è stato prodotto da Amparo Sanchez degli spagnoli Amparanoia, collaborazione che ha regalato al sound dell’artista del Sahara un nuovo volto. Sulla copertina dell’opera una ragazza posa con ballerine e un tutù bianco scintillante. È una scena d’infanzia comune, ma capovolta. La protagonista non è privilegiata e lo sfondo non è certo una confortevole casa di periferia. È un’esiliata, non vive nemmeno vicino alla sua patria d’origine e dietro di lei si trovano le tende e gli edifici di un campo profughi. C’è un deserto e un cielo in fiamme alle sue spalle. Eppure, anche in questa desolazione, ha ottimismo. Lei crede in un futuro migliore. Un’immagine di speranza dunque, che si traduce nel lavoro più avventuroso e sublime firmato da Aziza ad oggi.
Per raggiungere questo traguardo artistico Aziza Brahim si è rivolta all’ artista spagnolo Amparo Sánchez degli Amparanoia per la pre-produzione dell’album: una collaborazione che ha avuto un impatto trasformativo sulla musica. Le tessiture si ampliano e l’ingresso della programmazione elettronica e delle tastiere rende più vitale e contemporaneo il suono. “Amparo è un artista che ho sempre ammirato”, osserva Brahim. “Ha suggerito di introdurre l’elettronica e questo significava registrare in modo diverso. Prima registravamo tutto dal vivo. Questa volta abbiamo lavorato tutti in diversi studi per poi mettere insieme i pezzi. Ho prodotto il disco, la prima volta che l’ho fatto da “Mabruk” nel 2012, ed è stato un lavoro molto difficile, una sfida molto interessante: lavorare in un modo nuovo e far suonare le tue canzoni esattamente come vuoi.”
Il sound trovato aumenterà la fruibilità di ascolto dando al progetto una rilevanza internazionale che aiuterà indubbiamente la Brahim a farsi conoscere maggiormente. Uno dei brani più potenti è “Ard El Hub”: è un grido di dolore e di rabbia da parte di qualcuno che è intrappolato nel flusso dell’esilio, un testo che è una elaborazione di una poesia di Ziam Alal un grande poeta saharawi.


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