ARLO MCKINLEY: “Die Midwestern” cover albumAncora una volta la tempestività non è stata rispettata e, ancora una volta, l’importanza è relativa, ciò che conta è la segnalazione dell’uscita di questo disco, il primo come solista, di Arlo McKinley, del narratore country-folk di Cincinnati. In precedenza il nostro aveva debuttato come Arlo McKinley & The Lonesome Sounds. Formatasi nel 2011, la band includeva oltre al leader Arlo (voce), Tyler Lockard (contrabasso), Brian Pumphrey (batteria), Sarah Davis (tastiere e voce), Zach Thomas Rowe (chitarra solista) e Sylvia Mitchell (violino, viola e armonica). Le loro influenze musicali includono Neil Young, Whiskeytown, The Band, Otis Reading e Gram Parsons.

McKinley è stato l’ultimo artista che John Prine e suo figlio Jody hanno firmato per la Oh Boy Records, perché particolarmente colpiti da “Bag Of Pills”. L’album si apre con la strimpellata sobria di “We Were Alright”, un numero che inizia come una canzone di strada ottimista sulla guida con la sua ragazza e come ‘per la prima volta da molto tempo stavamo bene’, solo per giocare il sogno all’interno di una carta dei sogni mentre si sveglia per rendersi conto che si sono lasciati e cerca di tornare al sogno per essere di nuovo vicino a lei.

Stabilisce un tono malinconico che permea il disco, le canzoni che narra sono per lo più tratte dall’esperienza personale, a cui fa seguito la title track dall’andamento honky-tonk con la presenza del violino di Jessie Munson, che affronta i suoi sentimenti ambivalenti sull’Ohio, legato lì dai ricordi (‘la sua casa è solitaria ora sono qui senza di te / quindi mi siedo e aspetto il sole’) ma che avverte pure il bisogno di andarsene per sentirsi libero e trovare una nuova vita (‘se restiamo nei paraggi noi ‘ Sicuramente scadrà / mentre i nostri sogni scivolano tra le nostre mani’).

Il piano di Rick Steff e il costante ritmo della batteria di Ken Croomer mantengono le cose come se si suonasse in un bar, per i suoni country della vecchia scuola e le voci alte e solitarie di “She’s Always Been Around” (‘lei è sempre in giro / bazzica negli stessi posti / perché sa che verrò strisciando ogni volta che sto crollando’). Poi arriva l’affare che sigla “Bag Of Pills”, un conto lunatico, scarsamente strimpellato che si gonfia gradualmente e autobiograficamente sincero dei problemi di droga dell’Ohio, in parte informato dalla vendita di alcune pillole per ottenere soldi per portare una ragazza fuori a bere e in parte dalla dipendenza e dalle morti che ne derivano.

Affrontare l’ansia e ‘i fantasmi che ancora mi perseguitano’ alimenta il lento ritmo blues in stile Neil Young di “The Hurtin ‘Is Done”, Will Sexton alla chitarra elettrica, che si rivolge alla bottiglia per confortare il dolore, anche se solo per un po’, mentre canta ‘Ho imparato ad auto-medicare e ad aspettare fino a quando il panico non è passato / quindi mi nascondo dietro i sorrisi / e qualsiasi altra cosa mi aiuti / Non so cosa mi aspetta’, combattendo i demoni uno alla volta.

Un approccio più narrativo informa il riverbero chitarra-organo colorato in stile ‘Tom Petty incontra The Eagles’ di “Suicidal Saturday Night” (‘le cose che abbiamo fatto sapevamo non erano giuste, solo per divertimento, ci hanno fatto volare attraverso il Kentucky e fuggire velocemente dal Tennessee / sì abbiamo fatto un sacco di soldi / fatto molti più nemici … Non so, pensavo che sarebbe stato facile essere criminali in fuga’), suonando ancora una volta una canzone sulla necessità di fuggire (‘prima che sapevamo anche che ci mancava il fratello, eravamo lontani da tempo’) e la necessità di tornare (‘dovremmo prenderci un po’ di tempo e trovare la strada per tornare a casa’).

E, sull’inno “Walking Shoes” guidato dal violino, una canzone che parla di andare avanti e lasciarsi alle spalle le cose che ti tengono intrappolati, di trarre il bene dal male e dare e ricevere perdono, si apre con ‘Non voglio più sballarmi / Non voglio più litigare / Non voglio regolare vecchi conti / Voglio solo tornare a casa / tornare da quelli che amo / dove c’è ancora molto spazio per migliorare senza mai ferire nessuno’. Qualunque sia l’oscurità che McKinley ha attraversato, lo ha portato alla luce di una nuova alba e, giustificando pienamente la fede di Prine, ha prodotto un fantastico album di confessione, espiazione e catarsi che merita di essere lassù con il meglio dell’anno!!!


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *